giovedì 8 maggio 2014

Il vizio della mente

Per quanti sforzi si facciano, non si arriverà mai a cogliere la verità ultima: questa è la lezione che ci viene dallo Zen. Noi infatti, utilizzando parole e concetti non possiamo afferrare ciò che è al di là delle parole e dei concetti, sempre dualistici, sempre rispondenti al principio di non contraddizione. Invece la verità ultima non è duale ed è contraddittoria, nel senso che comprende entrambi gli opposti. Lo stesso concetto di “verità ultima” è già una riduzione.
Non abbiamo insomma gli strumenti mentali.
Ma il vizio della mente è proprio questo: cercare di ridurre la verità nei suoi limiti. Già nell’idea di concetto (dal latino cum-capio), sveliamo la pretesa di delimitare ciò che, per essere la verità ultima, non può essere circoscritto. È come se un cerchio più piccolo volesse comprendere il cerchio più grande. Possiamo solo utilizzare simboli, metafore, allegorie, analogie, similitudini, ecc.

Allora, che cosa ci rimane? Potremmo dire: non pensare. Ma questo non significa smettere di cercare; significa non deporre l’intenzione e neppure lo sforzo, tenendoli però sotto traccia, ripetendo più e più volte la domanda, senza aspettarci una risposta in termini di parole. Lo dicono chiaramente le Upanishad: la verità appare come quando splende un lampo e noi, privi di parole, esclamiamo: “Oh!”

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