martedì 13 maggio 2014

Il desiderio

Quando si parla di desiderio, bisogna stare ben attenti: parliamo del motore della vita. Non a caso, il termine deriva dalla parola sidera che in latino indicava le stelle, il cielo.
Se il desiderio viene dal cielo è già un pezzo di trascendenza, non una cosetta da poco. E, infatti, quando siamo presi dal desiderio, facciamo esperienza di una forza superiore che ci trascina. Non siamo noi che deteniamo e controlliamo il desiderio, ma è il desiderio che possiede noi.
In tal modo, il desiderio ci fa capire che il nostro io è ben poco padrone in casa propria, così come aveva notato Freud.
Ma desiderare non significa solo voler appropriarsi di qualcosa; è anche una richiesta di riconoscimento. Per esempio, nell’amore, significa voler essere desiderato dall’altro. Noi vogliamo l’altro, ma vogliamo anche che ci desideri. E questo complica ulteriormente le cose, mettendoci di fronte ad una doppia impotenza. Ci accorgiamo, infatti, che niente è nelle nostre mani: né il nostro desiderio né quello dell’altro. Possiamo anche comprare la presenza o il corpo di qualcuno, ma non il suo desiderio.
Scopriamo infine che, per quanto si desideri qualcosa o qualcuno, una volta ottenuto l’oggetto, questo risulta insoddisfacente. Che cosa desideriamo allora veramente? In realtà desideriamo qualcosa di inafferrabile, un oggetto che non soddisfa mai e che rimanda a qualcos’altro.

Ciò che desideriamo, in fondo, è il tutto, l’infinito.

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