lunedì 18 aprile 2022

Le trappole del pensiero

 

Parlare di Dio come forza o energia primaria è ancora insufficiente. Ci si potrebbe domandare da dove o da chi proviene tutta questa forza o energia. Così ricadiamo nell’antropomorfismo e quindi nel condizionato. La verità è che qualsiasi cosa diciamo nel nostro limitato linguaggio è manchevole. Avevano ragione i filosofi della teologia negativa quando sostenevano che di Dio non si può dire ciò che è, ma solo ciò che non è. Tutto il resto è un prodotto condizionato.

Il guaio è che i fedeli vogliono parlare di Dio e con Dio. Vogliono definirlo. Ma come si fa a definire l’infinito? Significa limitarlo, farne un oggetto di pensiero che rientri nelle nostre categorie.

Forse hanno ragione certi  maestri dello zen quando rispondono, interrogati sulla natura ultima, che è il Vuoto. Ma anche qui si usa un termine insufficiente, perché può intendersi come il Vuoto in quanto contrapposto al Pieno.

Niente. Meglio non dire niente, meglio non pensare  niente, perché si ricasca sempre nel vizio originale di usare categorie umane.

Ma noi vogliamo sapere che cosa sia Dio perché vogliamo sapere che cosa sia giusto e sbagliato. Vogliamo regole di comportamento, vogliamo un senso. E così ricadiamo nel dualismo, nell’antropomorfismo e nel mitologico. Dio è il bene, e il male è il Diavolo, l’Antidio. Stiamo balbettando, stiamo attribuendo alla Trascendenza un volto umano… certamente insufficiente.

Dio è inaccessibile al pensiero, alla ragione e al sentimento. Perciò quando vedo i sacerdoti eseguire i loro riti o i credenti affermare che Dio vuole una certa cosa, vengo preso da sconforto. Gli uomini credono di sapere, ma non sanno.

Se Dio fosse solo pace e amore, e se fosse una persona, non avrebbe creato questo mondo e interverrebbe quando gli uomini sbagliano. Cosa che non è.

Aveva ragione il Buddha quando rispondeva con un “nobile silenzio” quando gli venivano rivolte domande su Dio.

Nessun commento:

Posta un commento