Per sopportare questa vita, di solito chiedete aiuto a qualche dio o
santo. Ma in realtà chiedete aiuto a voi stessi, cercate di farvi coraggio e di
raccogliere le vostre forze.
Siamo un minuscolo granello di coscienza, come un chicco di sabbia in
un’immensa spiaggia. Ma la sua potenza è tale che non riusciamo a sopportarla.
Ci abbaglia come una luce troppo forte.
Quindi dobbiamo chiudere gli occhi e quel che vediamo è il nostro abituale
stato di veglia.
Infatti, quando nasciamo e usciamo dal canale vaginale, la luce è
troppo forte e noi ci mettiamo a piangere. Ben venuti in questo mondo!
Il fatto è che prima non sapevate di essere. E ora vi trovate
coscienti.
Ma quello che voi chiamate esistenza è un errore di valutazione, un
sogno a occhi aperti, una realtà dimidiata, l’illusione primaria. Anche
Platone, nel mito della caverna, afferma che gli uomini non vedono che ombre,
riflessi. Qualcosa che vive in modo dimidiato, dice di essere sveglio e vivo.
Niente di meno. Che pretesa!
Dobbiamo ammettere che il nostro io, la nostra identità attuale, è
insoddisfacente. Non è compos sui.
Il fatto è che non potete fare della coscienza un oggetto di
conoscenza. Ciò che voi siete non può essere fatto oggetto, perché è ciò per
cui esiste la coscienza. Non una forma di supercoscienza o di supersoggetto. Ma
uno stato anteriore all’essere o al non essere, alla nascita o alla morte.
Il resto – lo spettacolo della coscienza – è un romanzo, un film o un
sogno: un prodotto della mente.
Ma chi lo dice? Chi ne è il testimone.
Quello siete voi.
Nessuno può far nulla per far sorgere la coscienza. La coscienza è
dappertutto, come la pioggia che, dove arriva, fertilizza tutto. Nessuno la
controlla. È legata alla vita. Si produce spontaneamente.
Di solito, noi pensiamo a dei che facciano apparire tutto. Ma gli dei o
sono funzioni delle forze naturali o sono funzioni della coscienza stessa.
Senza coscienza, non ci sarebbero.
Questa coscienza, che per voi non esisteva, è apparsa all’improvviso e
si è consolidata. Prima non sapevate di essere. Ora lo siete.
Ma questa coscienza è una grande dea dell’illusione e muta di
continuo. Non è affidabile ed è destinata a finire.
Che cosa rimarrà allora?
Qualcosa che non è né essere né non essere, oltre tutte le parole,
oltre tutti i concetti.
Perché resta il fatto che noi non riusciamo a “capire” che cosa sia la
morte. E questo vuol dire che ciò che resta è al di là della mente.
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