Se ci fate caso, siete felici solo quando non pensate a voi stessi.
Quando invece ci pensate, siete infelici o preoccupati.
La vita è talmente faticosa che è necessario dormire tutti i giorni.
Il sonno dunque serve a smettere di pensare, di essere consapevoli di sé, per
riposarsi.
Quando infine diventate vecchi, il sonno non basta più per recuperare
le energie, fisiche e psichiche, e deve subentrare la morte. Che giustamente è
vista come il riposo eterno.
Non importa che lo stato di veglia sia piacevole o spiacevole: la fatica
è enorme in entrambi i casi.
Ma resta il fatto che il sonno, per dare un vero riposo, deve essere
un dimenticare tutto. Anche la coscienza comporta un enorme dispendio di
energie. Al di là della fatica fisica, c’è la fatica di essere.
Quando dormite profondamente (senza sogni), entrate in uno stato di
beatitudine, per il semplice fatto che non ci siete più.
Quindi, il non esserci più è uno stato di vero riposo rispetto allo
stress della vita.
Da ciò si desume che, per essere veramente felici (al di là della
felicità e del dolore), non c’è bisogno di esistere, neppure di essere.
In conclusione, la morte va vista non come un evento tragico, ma come
una vera gioia, la realizzazione della nostra vera identità.
Voi mi direte: ma senza io, senza senso di essere, come facciamo a
gustare la gioia? Appunto…
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