Poiché
siamo tutti fatti della stessa pasta, sappiamo benissimo che vorremmo prolungare
il più possibile le esperienze positive ed evitare quelle negative. Ma sappiamo
anche che le due condizioni si alternano in continuazione, e noi non possiamo
farci nulla. Quando le esperienze sono piacevoli, siamo al settimo cielo e ci
attacchiamo con le mani e i piedi; quando poi diventano negative, ecco sorgere
l’avversione e vorremmo scacciare tutto via. È la forza dell’abitudine la forza della natura.
Però
chi pratica la meditazione incomincia a riflettere su questo meccanismo. Perché
esaltarci quando le cose ci vanno bene e a quando ci vanno male ci trasforma in banderuole
rigidamente condizionate dagli eventi esterni. Ecco allora la pratica del “prendere
le distanze”.
In
fondo le esperienze sono sempre le stesse – cambia solo il loro segno, ovvero
cambia il nostro giudizio su di esse. Proviamo allora a guardarle per quel che
sono, obiettivamente, e non per quel che le giudichiamo.
Guardiamo
tutto con distacco. Non limitiamoci ad attaccarci ad una cosa e a respingere l’altra.
Diventiamo meno prigionieri degli eventi, prendiamoci il nostro spazio.
Questo
atteggiamento diminuirà il nostro grado di sofferenza, dovuto per lo più all’aggiunta
del fattore mentale dell’odio e dell’avversione. Tutto scorre e diviene, tutto
si alterna. Vediamo se possiamo essere più pazienti, più tolleranti, meno
reattivi.
Introduciamo
la consapevolezza dappertutto. Questo diminuirà sia l’entusiasmo eccessivo sia
la sofferenza eccessiva e successiva, e ci renderà più saggi e più liberi.
Grazie Signor Lamparelli per questi ultimi post! Ci danno una concreta pratica e via d'uscita dallo stato di sofferenza che spesso ci sembra normale e inevitabile...invece con le sue descrizioni e spiegazioni di meditazione ci mostra la strada per quell'altra dimensione, dalla quale si vive decisamente più sereni. Grazie e buona giornata.
RispondiEliminaAlexandra