Se
in vecchiaia si dorme sempre di più durante il giorno, il motivo è semplice:
mancano le forze per restare a lungo svegli e lucidi e ci si prepara a quel
lungo sonno che è la morte. Dico che ci si prepara perché esiste un tipo di
sonno profondo in cui non ci sono né ricordi né sogni.
Ora,
di questo stato possiamo dire tutto tranne che siamo stati male. Poiché non ci
sono stati né pensieri né immagini, non c’è stato nessun tipo di sofferenza.
Anzi, al risveglio ci sentiamo più riposati.
Se
la morte è questo, non c’è da averne paura.
Si
dirà che però viene a mancare il senso dell’io, la consapevolezza di essere, l’individualità.
È vero, ma nessuno in quello stato se ne lamenta,
nessuno ne sente la mancanza.
Il
male e la sofferenza si ripresentano quando ci svegliamo, non prima.
La
verità è che rientriamo nel nostro stato originario, in ciò da cui eravamo
partiti per approdare qui in questa esistenza.
Ora ci pare che perdere la nostra individualità sia una tragedia, ma,
quando la cosa sarà accaduta, non ci sarà più alcun soggetto a soffrirne, così
come ne soffriamo in questo momento.
L’individualità,
la coscienza, l’io – in quanto separazione e isolamento – sono sempre fonte di
sofferenza. Ma nell’unificazione finale non ce ne è più.
E
pensare che molti vorrebbero vivere un’altra vita, vorrebbero avere la
possibilità di un’altra esistenza!
Eppure, sulle nostre tombe, c'è scritto: "Riposa in pace".
Nessun commento:
Posta un commento