Quando siamo angosciati dal pensiero
che la vita è breve, che concludiamo ben poco e che la morte cancellerà tutto -
e per questo siamo costretti a inventare paradisi, altre esistenze e inferni/purgatori
(per niente rassicuranti) - forse stiamo sbagliando tutto.
Forse è esattamente il contrario. Ciò
che viviamo adesso è già un inferno/purgatorio, una realtà minore un errore di
prospettiva, qualcosa che è sfuggito alla perfezione. Non siamo veramente vivi,
ma mezzi vivi, tra la vita e la morte.
È la nostra ignoranza, cioè la nostra
incapacità di vedere l’insieme, che ci rafforza il desiderio di sopravvivere,
costi quel che costi. Mentre ciò da cui usciamo, la nostra natura originaria,
era già il compimento di ogni desiderio.
Abbiamo perduto il vero paradiso per
incarnarci in questo corpo, in questa mente e in questa coscienza. E ora
facciamo l’errore di sperare di sopravvivere in qualcosa di simile.
Ma, se c’è stato un aborto, è inutile
cercare di far rivivere il feto.
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