giovedì 19 maggio 2016

L'eccesso di pensiero

Ad un maestro zen fu chiesto cosa fosse lo zen. E lui rispose: “Mangiare quando si ha fame e dormire quando si ha sonno”.
Ma non è quello che fanno tutti?
No, perché la maggior parte delle persone, quando mangia e perfino quando dorme, continua a fare mille altre cose – e soprattutto continua a pensare ad altro. Non è presente.
Fra l’altro, questa mancanza di presenza mentale è fonte di stress, dato che la mente non trova mai tregua, non è mai presente in ciò che fa, continua a preoccuparsi e ingigantisce ogni paura.

Il pensiero, ovviamente, è il pregio dell’uomo. Nessun altro essere può pensare come lui.
Ma pensare ed essere cosciente comportano un prezzo (come al solito): ci provocano angoscia e ansia, che gli altri animali non hanno.
In tal senso, angoscia e ansia sono i prodotti di un eccesso di pensiero. Il quale si trasforma, da funzione sublime, a persecutore. È come una droga che all’inizio è piacevole, ma poi ti domina.
Il problema dell’uomo moderno (o dell’uomo tout court) è tutto qui: non riuscire a controllare il proprio pensiero e diventarne la vittima.
Qui entra in campo la meditazione, che è il tentativo di mettere sotto controllo la mente. Cosa che è d’altronde molto difficile. Perché fermare il pensiero con un altro pensiero è un controsenso.
Bisogna dunque mettere in atto una strategia di rallentamento, rilassamento, silenziamento  e svuotamento della mente che passi anche per una riequilibratura psiche-soma, dato che, quando si calma il corpo si calma anche la mente. Ecco perché si può ricorrere a certi metodi: seguire o controllare il respiro, assumere determinate posture o compiere determinati movimenti che ricostruiscano la sintonia tra l’aspetto fisico e l’aspetto psichico.
Rilassare la mente non significa spegnerla del tutto, ma trovare una nuova (o antica) pace perduta.


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