sabato 4 luglio 2015

Il Testimone ultimo

Chi sono io? Certamente il testimone di ogni mia esperienza. Io sono le mie esperienze, in quanto e per quanto ne sono il testimone.
Ma il testimone non è un pensiero tra gli altri, perché, nel momento in cui ne sono consapevole, lui è consapevole della mia consapevolezza… e così via. È il testimone ultimo, il soggetto che non può essere fatto oggetto di conoscenza.
Di che cosa è fatto? Di qualche sostanza raffinata? In realtà, il testimone, per essere tale, per essere credibile, per avere l’ultima parola, deve avere le qualità dell’apertura, del vuoto e della trasparenza. Non deve sovrapporre le proprie interpretazioni; osserva imparzialmente. Per lui, qualunque esperienza è buona, è utile. È come uno specchio che riflette qualsiasi immagine senza venirne turbato; è come uno spazio vuoto che non viene toccato da ciò che gli viene messo dentro.
C’è qualcuno che vorrebbe prendere il suo posto: l’io, la mente. Ma l’io è un costrutto psicologico e sociale che è dominato da instabilità e paura di essere cancellato. Vorrebbe sovrapporsi al sé profondo, ma ha le qualità opposte della chiusura e della opacità – e non può farcela.

Ritorniamo dunque al testimone ultimo. Fermiamo per quanto possibile corpo e mente, corpo e pensieri, e lasciamo solo essere quello schermo di fondo su cui vengono proiettate immagini e presunti soggetti.

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