Se
bastasse la logica per capire il mondo o fare filosofia, qualunque computer o
professore di filosofia ne sarebbe capace. E invece no: solo pochi capiscono.
Perché ci vuole un’intera vita di dolori, di gioie, di nascite, di morti, di
illusioni, di delusioni, di incontri, di separazioni, ecc., per capire
qualcosa. Un giovane non può fare filosofia: deve invecchiare, accumulare esperienze
e meditarci sopra. È l’unico caso in cui la vecchiaia è favorita.
Se
bastasse la razionalità, sillogismo dopo sillogismo, si arriverebbe facilmente
alla verità: ci arriverebbe anche l’intelligenza artificiale.
Ma
la vita bisogna viverla, soffrirla, goderla, sentire nella propria carne e nel
proprio animo. Essa stessa non è razionale, ma è contraddittoria, ambigua,
oscillante sempre fra due poli, fra essere e non-essere, fra bene e male, fra
giusto e ingiusto, fra piacere e dolore, tra inizio e fine, tra realtà e
finzione, fra illusione e delusione…
È in
continuo movimento e trasformazione.
Le
leggi fondamentali sono due.
La
prima è che niente si crea, niente si
distrugge, ma tutto si trasforma.
La
seconda, conseguente alla prima, è che tutto (fenomeni fisici e fenomeni mentali)
è soggetto a un moto oscillatorio che è un movimento fra due poli opposti.
Questo
vuol dire, per esempio, che se vuoi la vita devi prenderti anche la morte, se
vuoi il piacere devi prenderti anche il dolore, se vuoi il bene devi prenderti
anche il male, ecc. Non c’è modo di sfuggire a questa oscillazione perpetua. E
quindi siamo rigidamente condizionati nonostante le nostre illusioni di
libertà.
Infatti
libertà e condizionamento sono un’altra antinomia.
Questo
vuol dire anche che la morte non sarà solo una fine, ma anche un nuovo inizio…
senza illudersi però che sia una continuazione della nostra vita e della nostra
identità.
La
morte infatti è una formattazione di ciò che c’era prima: il supporto resta
sempre lo stesso, ma il “software” cambia.
La coscienza
che abbiamo (essa stessa un fenomeno oscillatorio di qualcosa che è
contemporaneamente soggetto e oggetto) ci fa pensare che abbiamo due cervelli (due
in orizzontale [i due emisferi]e due in verticale [corteccia cerebrale e cervello
primitivo]) che si guardano, si controllano, interferiscono, si sostengono e si
contraddicono a vicenda in un moto velocissimo, che non ha tregua.
Di
aporia in aporia, arriviamo a quella tra temporaneo ed eterno. Se esiste l’uno,
deve esistere anche l’altro - noi ragioniamo. Che è come dire: se esiste un
paradiso, deve esistere anche un inferno.
Ma
questi due poli sono reali o solo categorie logiche irreali, soltanto mentali?
E
qui arriviamo all’aporia finale: quella tra reale e irreale. Noi ci domandiamo:
tutto questo è reale o immaginario?
Ebbene,
dobbiamo trattare questa antinomia come tutte le altre. E dunque concludere che
è tutto un unicum. La differenza tra
reale e immaginario è in apparenza una contraddizione insanabile. In realtà, i
due poli sono sempre uniti e complici, come lo yang e lo yin, come
l’espirazione e l’inspirazione, e quindi danno vita al campo del possibile, in cui le cose sono e non sono
contemporaneamente, ovvero si dispongono in proporzioni o quantità diverse di
realtà/irrealtà, in base all’osservatore-creatore che le fa collassare, ossia realizzare-essere
(rendere più o meno reali).
Un
po’ come nel celebre esperimento mentale del gatto di Schodinger, il gatto può
essere vivo o morto contemporaneamente finché non si va ad osservare.
In conclusione, tutto ciò che pensiamo e
viviamo è in qualche misura reale/irreale, se non altro a livello di pensiero,
perché anche un pensiero, un’immagine o una fantasia sono qualcosa di reale. Ma
non tutto accade e molto resta nel campo delle possibilità che non si realizzano
perché la quantità di realtà è troppo piccola. Un giorno, però, anche questa
quantità può aumentare, perché l’oscillazione è continua, e in fondo tutte le
realtà, prima di realizzarsi, sono passate dai livelli di semplici pensieri.
Tutto ciò che immaginiamo o pensiamo può realizzarsi. Prendiamo per esempio
l’idea di volare con qualche mezzo, di trasmettere istantaneamente le
comunicazioni o le informazioni, di vedere qualcosa a distanza con appositi
dispositivi, di navigare nello spazio, di andare sulla luna o su qualche
pianeta o di costruire bombe altamente distruttive. Per secoli, queste sono
state semplici fantasie.
Che cosa le ha fatto realizzare, cioè passare
da uno stadio di immaginazione, di velleità o di desiderio a qualcosa di
tangibile?
L’osservazione, il desiderio e l’impegno di
qualcuno. È questo qualcuno che porta l’immaginazione dal campo del possibile
al campo della realtà attuale. Ma c’è bisogno d una ferma determinazione.
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