Ogni processo nella realtà è bipolare, cioè ha
bisogno di due poli contrapposti per funzionare. E questo vale tanto per i fenomeni
fisici quanto per quelli psicologici. Non è un caso se abbiamo due braccia, due
gambe, due polmoni, due orecchie, due tube, due testicoli, due reni, ecc. e due
cervelli. L’emisfero destro comanda la parte sinistra del corpo e l’emisfero
sinistro controlla la parte destra. E non è un caso se alla materia si
contrappone l’antimateria e a ogni particella un antiparticella. E non è un
caso se nel campo delle emozioni e dei sentimenti, ad ogni elemento (per
esempio l’amore) si contrapponga il suo opposto (l’odio).
Noi non possiamo vivere e pensare se non
utilizzando queste antinomie, che infatti riempiono il nostro linguaggio e la
nostra vita.
Non è neppure un caso se il tempo sia
costituito da qualcosa che scorre fra due polarità (passato e futuro) e se lo
spazio, secondo la relatività ristretta, sia composto da quattro (il doppio di
due) dimensioni: la larghezza, l’altezza, la profondità e il tempo.
L’intero universo sembra dunque rispondere a
questa legge dell’oscillazione, che in effetti è ciò che dà origine al
divenire. Come la scintilla che scocca fra due poli opposti dell’elettricità.
Senza questa scintilla non si innesca nessun processo.
Non è un caso neanche se la vita animale trae
origine dall’accoppiamento fra due opposti, il maschio e la femmina. Se non ci
fosse questo contrasto attrattivo, tutto si fermerebbe.
Ma, andando avanti fra un oscillazione e
l’altra, arriviamo a capire alcuni problemi fondamentali; per esempio
spieghiamo perché ogni esistenza debba terminare con la morte. La vita non
potrebbe esistere senza la morte, e viceversa. E, ampliando la nostra ricerca,
scopriamo che il tutto non potrebbe esistere senza il niente, e viceversa.
E qui arriviamo al problema della coscienza.
La coscienza esiste proprio perché abbiamo due
cervelli, l’uno che riflette l’altro. Siamo in altri termini divisi in due
esseri, come i gemelli siamesi che hanno un unico corpo ma due teste. Questo dà
origine al processo della coscienza, che è dunque il frutto di una scissione,
di un dualismo interno.
Sulla natura della coscienza esistono due
teorie, mai dimostrate. La prime è che sia il prodotto della complessità.
Sarebbe una certa
quantità presente in qualsiasi sistema che sia in grado di generare più
informazioni di quante potrebbero generarne le parti di cui il sistema è
composto, lavorando indipendentemente l’una dall’altra. Un’altra teoria – la
teoria dello spazio di lavoro neuronale globale –ipotizza che la coscienza emerga da un
insieme di informazioni provenienti dai sensi e da altri processi cognitivi e
moduli specializzati che operano in parallelo, perlopiù a livello inconscio, e
competono per l’attenzione. Agli elementi che vincono la competizione viene
dato accesso al pensiero cosciente (lo «spazio di lavoro globale»).
Secondo noi, invece, la coscienza ha origine
dalla dualità del cervello stesso, che attiva una differenza e un contrasto
(soggetto/oggetto) che, essendo oscillatorio, non può essere colto. Questo “non
essere colto” è il processo della coscienza. Nel “non essere colto”
(dall’attenzione stessa) si apre lo “spazio” della coscienza, che, come ogni
spazio dinamico, comprende anche il tempo.
Ma come possiamo dimostrarlo? Possiamo arrivare a
un esperimento mentale che lo confermi?
Il problema è che, se noi potessimo cogliere
questo “spazio”, la coscienza con il suo dualismo scomparirebbe, perché si fermerebbe
il processo oscillatorio e il soggetto/oggetto sarebbe un tutt’uno.
Dobbiamo ipotizzare, infatti, che l’uno (la
coincidenza) sia immobile (pur essendo magmatico) e che solo il due metta in azione
il movimento. Questo succede in realtà quando dormiamo di un sonno profondo
senza sogni (o meditiamo o quando facciamo l’amore!) e rallentiamo o mettiamo
in attesa (in stand-by) il cervello-mente. Allora la coscienza di veglia
dualistica e oscillatoria si eclissa e noi ritorniamo all’uno. E anche questo
dualismo (tra veglia e sonno) è necessario ad entrambi.
Quindi l’esperimento mentale è questo: fermare il
movimento di oscillazione… che però significa fermare il mondo, perché tutto
ciò che vediamo e sperimentiamo è a sua volta proiettato o condizionato dalla
coscienza.
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