Non soffriamo solo
perché le cose sono impermanenti, come dice il buddhismo, ma perché viviamo
nella dimensione del piacere-dolore. In altri termini, se vogliamo il piacere,
il godimento, l’attaccamento, l’amore, il bene… dobbiamo prenderci anche i loro
opposti. Non c’è la possibilità di prenderci solo quel che ci piace; dobbiamo
prenderci anche quel che non ci piace.
Non sappiamo
perché il mondo è stato fatto così, ma è stato fatto così.
Quindi non
conta niente come ci comportiamo. Anche se siamo perfetti, il male si abbatterà
prima o poi su di noi. Il che contrasta con l’idea che ci sia un Dio protettore
personale che veglia su tutto.
Se scopo della
visione profonda è capire che il mondo è anicca,
dukkha e anatta, ossia
impermanenza, sofferenza e non sé, anche molti occidentali ne sono convinti. Se
dobbiamo comprendere che il mondo è un fuoco d’artificio illusorio, anche
questo è molto chiaro. Dunque, siamo tutti illuminati?
Dobbiamo però
agire in modo da impedire che il ciclo vada avanti indefinitamente. E qui non
siamo sempre illuminati. Sono l’illusione e il desiderio che ci guidano nonostante
tutto.
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