giovedì 2 novembre 2017

La non-conoscenza

Se conoscere per l’essere umano è relativamente facile, perché a questo lo portano le strutture e le tendenze innate della mente, ciò che si apprende è condizionato da queste stesse strutture e tendenze.
Molto più difficile è la non-conoscenza, riflettere cioè sui meccanismi che ci portano a conoscere, in modo da non dare sempre rispose condizionate e già contenute per così dire nelle domande. Questa non-conoscenza è prima un fermare la mente raziocinante e poi ri-comprendere ogni volta le domande e le risposte che essa stessa pone.
Così procede la scienza. E così procede la meditazione.
Non bisogna illudersi che le prime risposte siano le più profonde, e che la verità trovata sia quella definitiva e non debba essere sempre riconsiderata. Il mondo si tiene ben stretto le sue verità.
Non bisogna illudersi che la verità sia palese.
Non bisogna illudersi che la verità sia immutabile. È mobile come tutto, ed è ben nascosta.

Sfruttare ogni forma di frattura, di fessura, di interruzione della continuità mentale, di contraddizione e di paradosso. Concentrarsi sugli intervelli mentali, sulla discontinuità.
In realtà, ogni forma di concentrazione senza oggetto (e possibilmente senza soggetto) è la via giusta.

Per far entrare una nuova verità, bisogna prima svuotarsi della vecchia.

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