lunedì 14 luglio 2014

La trasmissione senza parole

Quando il Buddha, davanti all’assemblea dei monaci (che erano in attesa di una spiegazione verbale della sua dottrina) alzò in una mano un fiore e sorrise, solo un discepolo capì il messaggio e sorrise a sua volta: Mahakashyapa.
Attenzione, Mahakashyapa non aveva “compreso” (intellettualmente) la dottrina del Buddha; non disse: “Ho capito”. Non diede un significato al gesto del maestro e al suo silenzio, perché in tal caso lo avrebbe de-finito, lo avrebbe racchiuso e limitato in concetti. No, si mise a sua volta a fare zazen in silenzio, ossia assunse egli stesso l’atteggiamento di meditazione, lo spirito del Buddha.
Questo è l’unico rapporto possibile, in meditazione, tra maestro e allievo. Non vengono trovati dei significati, degli insegnamenti dottrinari, ma si induce uno stato d’animo. Quasi per osmosi. Così come si induce uno stato d’animo di fiducia o di paura.

E non c’è neppure bisogno di uno maestro in carne ed ossa. Perché il maestro è già dentro di noi, se facciamo tacere le pretese “definitorie” della mente.

Nessun commento:

Posta un commento