Gli scienziati continuano a fare calcoli che risultano sempre contraddittori perché non si sono resi conto che la gravità non è quella immaginata da Einstein, ma la forza che si contrappone alla forza espansiva. Finché non adotteranno la logica diadica, esemplificata da Newton, cioè che ad ogni forza deve contrapporsi una forza contraria, sbaglieranno. Ci vogliono intuizioni, non dogmi.
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Nuove misurazioni cosmiche riaccendono il mistero dell’espansione dell’universo
08 Dicembre 2025 1
Da oltre dieci anni gli astronomi convivono con una contraddizione che nessun aggiustamento metodologico è riuscito a sciogliere: due dei sistemi più affidabili per stimare la velocità di espansione dell’universo continuano a produrre valori incompatibili. Le osservazioni del cosiddetto “universo vicino”, basate sul comportamento di stelle note e supernove, indicano un tasso di espansione vicino ai 73 km/s per megaparsec; le analisi sul fondo cosmico a microonde, che raccontano le condizioni dell’universo primordiale, si fermano invece attorno a 67 km/s/Mpc.
A rendere ancora più interessante la questione arriva ora un nuovo approccio indipendente che non utilizza né l’uno né l’altro metodo tradizionale. Un gruppo di ricercatori internazionali ha infatti analizzato minuscoli ritardi temporali tra le immagini multiple di quasar distorti dalla gravità di galassie massive poste lungo la linea di vista. Questa tecnica, nota come time-delay cosmography, consente di stimare l’espansione cosmica senza appoggiarsi alla classica “scala delle distanze”, la sequenza di calibrazioni che parte dalle stelle per arrivare alle supernove.
Il principio alla base del metodo è tra i più affascinanti formulati dalla relatività generale: la gravità può curvare lo spazio-tempo e deviare la luce. Quando un quasar lontano viene osservato attraverso una galassia massiccia, l’immagine si sdoppia o moltiplica. Poiché i raggi luminosi seguono percorsi leggermente diversi, le variazioni di luminosità del quasar – che tende a brillare in modo irregolare – raggiungono la Terra con ritardi misurabili. Determinare con precisione questi sfasamenti permette di ricostruire la geometria dei percorsi luminosi, e quindi di legare la struttura del sistema alla velocità con cui l’universo si sta espandendo
Il team ha studiato otto sistemi di lente gravitazionale, raccogliendo immagini estremamente dettagliate grazie ai telescopi più avanzati oggi disponibili, incluso il James Webb Space Telescope. Le fotografie hanno permesso di modellare la distribuzione della massa nelle galassie-lente, un passaggio essenziale per interpretare i ritardi temporali. Combinando queste informazioni, gli autori hanno ottenuto una stima di H₀ con un’incertezza del 4,5%, un risultato già competitivo per un campione così ridotto.
La sorpresa è che questa nuova misura punta nella stessa direzione delle valutazioni “locali”, quelle che da anni risultano in tensione con il dato cosmologico ricavato dal fondo a microonde. Anche se l’ampiezza dell’incertezza non consente ancora conclusioni definitive, il fatto che una tecnica indipendente confermi un valore vicino ai 73 km/s/Mpc riduce la possibilità che tutto dipenda da errori sistematici nelle misure precedenti.
Gli studiosi sottolineano, però, che la strada è lunga. L’ostacolo principale resta la conoscenza esatta della distribuzione di massa nelle galassie che fungono da lente: anche variazioni sottili possono alterare significativamente il risultato finale. Inoltre, otto sistemi sono ancora pochi per raggiungere quella precisione dell’1–2% considerata necessaria per dirimere in modo conclusivo il problema.
Il prossimo passo sarà ampliare il campione, sfruttare dati ancora più nitidi e affinare i modelli utilizzati per descrivere la materia – sia visibile che oscura – all’interno di queste galassie. Strumenti osservativi di nuova generazione, già operativi o in arrivo, dovrebbero permettere di costruire cataloghi molto più ricchi di lenti con ritardi ben misurabili.
Se la discrepanza dovesse confermarsi, gli scenari aperti sarebbero profondi: dalla possibilità che l’energia oscura si comporti in modo diverso da quanto ipotizzato, a ipotesi più radicali che prevedono nuove particelle o modifiche alle teorie gravitazionali. Per ora, però, la prudenza resta d’obbligo
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