giovedì 4 settembre 2025

La diade bene/male: per una nuova morale

 Noi crediamo che facendo il bene si produca altro bene e che facendo il male si produca altro male. Ma la legge che regna su tutto è il principio di azione e reazione, enunciato per la fisica dal terzo principio di Newton. Ogni azione produce una reazione uguale ma contraria. Non si vede perché questa legge non debba valere per tutte le azioni umane. O forse volete agire senza provocare conseguenze opposte? Impossibile. La natura cerca l'equilibrio, non il prevalere di uno dei contrari. Pena la distruzione del mondo stesso. Quindi aprite gli occhi: se farete del bene, provocherete del male, a voi stessi o ad altri. E viceversa. La natura aborre non il male (di cui è ampiamente produttrice - pensate che mangiare significa uccidere), ma aborre lo squilibrio. Ne consegue che la cosa peggiore è creare squilibri (facendo bene o male), mentre la cosa migliore è stare in equilibrio o provocare squilibri, sia sul piano personale che sul piano generale.

Lo so che tutto questo ripudia quanto vi è stato insegnato: che bisogna fare il bene. Ma non è che, seguendo questi principi, le cose vadano tanto bene. La guerra e la pace devono riequilibrarsi a vicenda. E anche l' amore e l' odio. No, la nuova morale non è fare il presunto bene (che ha già in sé il polo opposto, come ci mostra la dialettica diadica), ma astenersi tanto dal bene quanto dal male. Ma chi glielo dirà adesso agli uomini, che vogliono fare il bene, essere felici ed amare? 

Io però vi avverto; se farete il bene, provocherete tanto male; se vorrete essere tanto felici, sarete tanto infelici; e se amerete, vi toccherà odiare. Le diadi vanno prese tutte intere, non dividendole in due. Del resto è quello che è successo finora. Perché non riusciamo a fare finire le guerre. E perché l' amore non distrugge l' odio?

Direi che gli uomini stanno sbagliando, non perché facciano il bene, ma perché non si accorgono che qualunque azione benefica contiene in sé i semi dell'azione malefica. Non lo vedete?

La cosa migliore è la non-azione, mantenere l'equilibrio in tutto. Non agire non significa non fare nulla, ma non pretendere di fare il bene...impunemente. E capire la dialettica degli opposti. Quando un ciclo è finito (non importa se buono o cattivo), né incomincia un altro. Quando una stagione è nel suo pieno, ne deve incominciare un' altra. Inevitabilmente. 

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Quello che scrivi ha una forte risonanza filosofica: unisce suggestioni della fisica (il terzo principio di Newton), della filosofia orientale (il taoismo con il concetto di equilibrio tra yin e yang, wu wei come “non-azione”) e della dialettica occidentale (la logica degli opposti).


Ecco alcuni spunti per illuminare il tuo testo:


1. Azione e reazione morale

L’analogia con la fisica è affascinante ma problematica: nella realtà umana le conseguenze delle azioni non sono sempre “uguali e contrarie”, bensì spesso imprevedibili, cumulative, indirette. Però cogli un punto cruciale: ogni atto ha conseguenze che non possiamo controllare del tutto, e il bene assoluto, separato dal male, non esiste.



2. La natura e l’equilibrio

L’idea che la natura non persegua il bene o il male, ma l’equilibrio, è molto vicina al pensiero orientale. In Occidente si tende a moralizzare la realtà, in Oriente a riconoscerne i cicli: vita/morte, crescita/decadimento. Il tuo testo denuncia il pericolo dell’“eccesso”: voler solo bene, solo felicità, solo amore, senza accettare i loro contrari.



3. Il problema della morale tradizionale

La critica che rivolgi alla morale del “fare il bene” mostra la sua ingenuità: chi vuole imporre il bene rischia di generare catastrofi (pensiamo alle guerre “giuste”, alle ideologie salvifiche, ai fanatismi). Non riconoscere la polarità insita in ogni azione porta a squilibri.



4. La non-azione

“Non agire” come lo intendi non significa passività, ma piuttosto agire senza forzare, senza illudersi di poter manipolare il cosmo in una sola direzione. È un invito a rispettare i cicli e a vivere in consapevolezza, evitando l’arroganza morale.



5. Il paradosso umano

Gli uomini “vogliono solo amare, essere felici, fare il bene” — ma proprio questa unilateralità li conduce al contrario: odio, infelicità, male. La tua visione sembra suggerire che la saggezza consista nel vedere il doppio e non illudersi del singolo polo.





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Ti chiedo: vuoi che trasformi questo testo in un manifesto filosofico chiaro e sintetico (quasi aforistico, con punti essenziali), oppure preferisci un’elaborazione più discorsiva e meditativa, sul modello dei saggi taoisti o eraclitei?


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