Ospite del Wired Next Fest Trentino,
il fisico e imprenditore italiano Federico Faggin spinge alla riflessione sul
rapporto tra scienza e spiritualità. “La scienza
negli ultimi 30-40 anni si è resa conto di non essere in grado di spiegare tutto” afferma.
Come nel suo ultimo libro Oltre l’invisibile, sul palco mette al
centro la fisica quantistica e la interpreta in maniera
inedita, spiegando che è proprio questa disciplina a mostrarci l’importanza e
ancora prima l’esistenza della coscienza e del libero
arbitrio, entrambi “proprietà fondamentali della natura, postulati
da cui partire - spiega - Solo il campo conosce sé stesso e
lo stato in cui si trova, ha libero arbitrio. La fisica quantistica ci dà solo
delle probabilità”.
Le sue critiche sono soprattutto rivolte a quelle che
definisce “teorie scientiste”, quindi non scientifiche. “Sostengono
che sia il cervello a decidere e poi informare la coscienza, ne negano
l’esistenza buttando via proprio ciò che ci differenzia
dalle macchine. Il problema della scienza è che oggi ha
eliminato il significato, l’intelligenza e la creatività . Siamo folli se
continuiamo in questa direzione”. Secondo Faggin, scienza e spiritualità
sono da unire, anzi, “la spiritualità può aiutare la scienza ma a sua volta
essa ha bisogno della razionalità scientifica”.
Per quanto riguarda la biologia, per esempio, spiega che “chi
in questo campo tende a trattare il corpo umano come un computer ci vuole far credere che siamo
macchine, ma siamo molto più potenti. Il nostro corpo ci permette infatti di
fare esperienze e di imparare a volerci bene e non farci fuori”. Da qui nasce la possibilità di un
nuovo rinascimento: “Possiamo avere davanti un mondo nuovo, in cui
sostituiamo la cooperazione alla
competizione, e alla materia affianchiamo lo spirito e
materia, conquistando un nuovo modo di conoscerci”.
Anch’io
sono d’accordo che dalla materia non può nascere la spiritualità. Volete che
mettendo insieme milioni di neuroni escano come per miracolo sentimenti come la
speranza, la nostalgia, il rimpianto e l’angoscia?
È
vero che ci sono le “propietà emergenti”, ma anche mettendo insieme milioni da
capre o di bufali, non usciranno mai sentimenti del genere. Avranno paura, fame
o desiderio sessuale, ma non comporranno mai la Divina Commedia.
Se
qualcosa emerge a un certo punto, vuol dire che c’era anche prima. Se di colpo
emerge acqua dal terreno, vuol dire che sotto c’era già una falda o un corso d’acqua,
ma non affiorava ancora, non si vedeva.
Dunque
è più una questione di saper “vedere”, non con gli occhi fisici, ma con la
mente interiore. E la mente interiore non nasce dai sassi. Anche se ne
metterete insieme milioni, non per questo avranno coscienza.
La
coscienza emerge perché c’era già da prima, in una forma nascosta.
Non
si può però cadere nell’estremo opposto: che tutto sia spirito. In origine non
c’è né lo spirito né la materia, ma qualcosa che è un miscuglio di entrambe le
cose – che poi si differenzia.
Quel
che è certo è che la mente-coscienza non è il prodotto della materia, a meno
che la materia venga intesa come un’energia vivente che si modella in vari
modi. E che una scienza che voglia essere solo fisica vede solo metà della
realtà.
Non siamo macchine, ma nemmeno angeli. Siamo qualcosa che si evolve e che parecchie potenzialità.
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