Il
cervello umano è una meraviglia della natura, il frutto di millenni di
evoluzione.
La sua evoluzione è un processo
affascinante che ha portato alla complessità e alle capacità cognitive che
caratterizzano la nostra specie oggi. Ecco una panoramica dei principali
passaggi evolutivi:
2.
3. Sviluppo nei mammiferi: Con l’evoluzione dei mammiferi, il
cervello ha iniziato a diventare più complesso. I mammiferi hanno sviluppato una corteccia cerebrale più
grande, che ha permesso una maggiore capacità di elaborazione delle
informazioni e comportamenti più complessi.
4.
5. Primati e aumento delle dimensioni
cerebrali: Nei
primati, e in particolare negli ominidi, si è verificato un significativo
aumento delle dimensioni del cervello. Questo aumento è stato accompagnato da un’espansione delle aree
corticali, che ha migliorato le capacità cognitive, la memoria e
l’apprendimento.
6.
7. Homo sapiens: Nell’Homo sapiens, il cervello ha
raggiunto un livello di complessità senza precedenti. Il nostro cervello ospita circa 86 miliardi di neuroni,
ciascuno dei quali può formare migliaia di connessioni con altri neuroni,
creando una rete incredibilmente complessa e dinamica.
8.
Questi cambiamenti hanno permesso lo sviluppo di capacità uniche
come il linguaggio, la socialità, la pianificazione complessa e la creatività.
Il cervello umano continua ad essere oggetto di studio per comprendere meglio
le sue straordinarie capacità e il suo funzionamento.
Si può
dire che il cervello immagazzina due copie di ogni ricordo: una nella
corteccia prefrontale (a lungo termine) e un'altra nel subicolo (che si
cancella con il tempo).
Il cervello
produce costantemente elettricità, al punto che potrebbe accendere una piccola
lampada. Sono i segnali che i neuroni inviano tra di loro a generare una tale
quantità di elettricità.
Il
cervello è diviso in due metà, ognuna delle quali è responsabile di
funzioni distinti. L'emisfero sinistro è legato al linguaggio, al ragionamento
logico, alla lettura, alle operazioni matematiche o alle capacità analitiche.
L'emisfero
destro è responsabile dei processi immaginativi e creativi del cervello.
Naturalmente, entrambi gli emisferi sono permanentemente connessi tra loro.
Uno
studio della Loma Linda University in California (USA) assicura che la risata
ha lo stesso effetto sul cervello della meditazione, favorendo i pensieri
chiari, positivi e facilitando il processo decisionale. Il che conferma che la
meditazione è un processo utilissimo.
Secondo
diversi esperti del Massachusetts Institute of Technology (MIT), il cervello è
in grado di elaborare un'immagine completa in 13 millesimi di secondo.
Una
volta si diceva che noi utilizziamo solo il 10% del cervello. Ma non è vero. Il
cervello usa la sua piena capacità e lo fa durante il giorno. E non riposa mai,
né di giorno né di notte.
I
neurotrasmettitori nel cervello inviano messaggi alle distinte parti del corpo
umano a 360 km/h in modo che, quando si pensa a qualcosa, il corpo possa
eseguirlo immediatamente.
Nel Mental
Health Center dell'Università del Texas (USA) hanno concluso che il cervello dà
la priorità alle informazioni minacciose, migliorando le aree che controllano
le informazioni visive e il processo decisionale, nonché il comportamento
motorio.
Il cervello,
pur costituendo solo il 2% del peso corporeo, consuma il 20% dell'energia
totale necessaria al nostro organismo per garantire una corretta correlazione
tra stimoli e risposte. In termini energetici, si traduce in circa 300 calorie
giornaliere.
L'Università
di Birmingham (Regno Unito) conferma che l'ossitocina ha lo stesso effetto
dell'alcol negli esseri umani. È l'ormone che controlla sentimenti come
l'amicizia, l'empatia e persino l'amore.
C'è una parte
del cervello che è dedicata esclusivamente alla memorizzazione di informazioni
dei volti familiari in modo che possiamo ricordarli ogni volta che li vediamo.
Nella
University of Northwestern Bridge (USA) affermano che il cervello ci inganna
con alcuni ricordi. Il responsabile è l'ippocampo che modifica la memoria (e lo
fa costantemente). Questo non significa che li scambia con ricordi più
gradevoli, ma piuttosto che li adatta a ogni persona.
Il
cervello ha circa 100 miliardi di neuroni. Sembrano tantissimi, ma dobbiamo
considerare che il cervello è responsabile di tutti i nostri processi mentali.
l
corpo umano è composto per il 60% da acqua, mentre nel caso del cervello la
percentuale aumenta, raggiungendo il 75-80% della sua composizione. Il
cervello, senz'acqua, riduce le sue capacità. Quando si dice che ti va il
cervello in acqua, non si sbaglia di troppo.
Poi ci sono i neuroni specchio, che sono un tipo di neuroni scoperti nel
1992 da un gruppo di studiosi guidato dall’italiano Rizzolatti.
La base cerebrale della capacità di immedesimarsi negli altri è costituita
da questi neuroni, che sono stati chiamati specchio proprio perché si
attivano non solo quando l'azione viene eseguita, ma anche quando viene osservata.
Quindi grazie a questi neuroni è possibile capire le intenzioni degli altri
velocemente e poi comportarsi di conseguenza: Se sono azioni benevole, i
neuroni specchio possono aiutarci ad attivare quei processi di ordine cognitivo
superiore che ci inducono a decidere di cooperare; se sono minacciose, a
prendere le contromisure adeguate. È un vantaggio evolutivo enorme.
I neuroni specchio agiscono quando vediamo qualcuno compiere una
determinata azione per capirne in anticipo l'intento. Infatti, anche se i
bimbi guardano uno sperimentatore impegnato negli stessi compiti di presa, il
muscolo miloioideo si attiva anche durante l'osservazione.
Tuttavia, si osserva che l'attivazione del muscolo è più lenta
rispetto a quanto visto nei bambini più grandi, di 6-9 anni. Questi
risultati suggeriscono che la comprensione delle intenzioni motorie altrui
è una capacità in via di sviluppo nei bambini in
età prescolare.
Se i bambini sono capaci di capire gli altri già a tre anni: è merito
dei neuroni specchio. A dimostrarlo è uno studio italiano
pubblicato sulla rivista Pnas che ha valutato appunto nel
bambino anche piccolo la presenza della capacità di
"specchiarsi" negli altri e anticiparne le intenzioni.
Lo specchio è proprio una metafora della
dualità: qualcosa si specchia in me attivando certi neuroni.
Ma la dualità fondamentale è nella
presenza dei due emisferi, che sono due cervelli, distinti ma uniti. È
inevitabili che questa dualità si rifletta nella mente, che in effetti funziona
in base allo schema duale o diadico. Non solo le nostre sensazioni e
percezioni sono duali, ma anche i concetti, i sentimenti e le emozioni. Tutta l’attività
interpretativa del cervello mente si basa su un funzionamento duale tra poli opposti
ma comunque uniti.
Non possiamo insomma pensare al male
senza pensare al bene, non possiamo percepire il freddo senza percepire il
caldo, non possiamo provare sentimenti di amore senza provare sentimenti di
odio, ecc.
Ma questo schema diadico non è
casuale: riflette a sua volta la dualità delle forze naturali, che non
sono opinabili. La dualità di tanti organi del corpo, la dualità dei movimenti
respiratori, la dualità del maschile e del femminile, ecc. E non solo del
corpo, ma anche delle forze naturali e del fatto che ad ogni azione corrisponda
una reazione, nel mondo fisico e nel mondo mentale.
Esiste un collegamento provato tra attività
cerebrali e attività mentali, tra
il cervello fisico e la mente, anche se la natura esatta di questo rapporto è
ancora oggetto di studio e dibattito.
Le neuroscienze moderne sostengono che
la mente sia una funzione del cervello. Questo
approccio, noto come monismo, afferma che non esiste una dicotomia tra mente e
cervello, ma che la mente è l’espressione delle attività cerebrali.
L’introduzione di tecniche di
neuroimmagine, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia a
emissione di positroni (PET), ha permesso di osservare come specifiche attività
mentali siano associate a particolari aree del cervello. Questi
studi hanno dimostrato che processi cognitivi come il pensiero, la memoria e le
emozioni sono correlati all’attività neurale. La teoria dell’embodied
cognition sottolinea come la mente e il corpo siano strettamente interconnessi. Secondo
questa teoria, le nostre esperienze corporee influenzano il modo in cui
pensiamo e percepiamo il mondo, La neurobiologia interpersonale esplora
come le relazioni sociali e le interazioni influenzino il cervello e la mente. Ad
esempio, le esperienze emotive e sociali possono modellare le connessioni
neurali e influenzare lo stato mentale.
Ci sono diversi casi noti
di persone che hanno subito danni cerebrali che hanno portato a cambiamenti
significativi e insoliti nella loro mente e personalità. Ecco alcuni esempi
emblematici:
1. Phineas Gage: Uno dei casi più famosi è quello di
Phineas Gage, un operaio ferroviario che nel 1848 subì un grave incidente. Una
barra di metallo gli trapassò il cranio, danneggiando gravemente il lobo
frontale sinistro. Sebbene
Gage sopravvisse, la sua personalità cambiò drasticamente: da persona amabile e
responsabile, divenne irascibile, impulsivo e socialmente inappropriato1.
Questo caso ha fornito importanti informazioni sul ruolo del lobo frontale nel
controllo delle emozioni e del comportamento.
2. Henry Molaison (HM): Conosciuto come il “paziente HM”,
Henry Molaison subì un intervento chirurgico per alleviare le sue crisi
epilettiche, durante il quale gli furono rimosse parti dell’ippocampo e
dell’amigdala. Dopo
l’operazione, HM non fu più in grado di formare nuovi ricordi a lungo termine,
pur mantenendo intatte le sue capacità cognitive e la memoria a breve termine.
Questo caso ha contribuito enormemente alla comprensione dei meccanismi della
memoria.
3. Clive Wearing: Un musicista britannico che, a causa
di un’infezione virale, ha subito danni estesi all’ippocampo. Clive Wearing
soffre di una forma grave di amnesia anterograda e retrograda, che gli
impedisce di formare nuovi ricordi e di ricordare gran parte del suo passato. Nonostante
ciò, mantiene intatte le sue abilità musicali e la capacità di suonare il
pianoforte2.
Questi casi dimostrano come danni specifici al cervello possano
influenzare profondamente la mente e il comportamento, fornendo preziose
informazioni sulle funzioni cerebrali.
Ma, in realtà, abbiamo numerosi casi di persone affette da
Alzheimer, dove il cervello non funziona più, che non comunicano più e non
riconoscono nessuno. Però, è anche vero il contrario; persone che soffrono di
malattia mentale, che non hanno difetti cerebrali.
In sintesi, esiste un consenso sul fatto che la mente sia
strettamente legata al cervello fisico, anche se la comprensione completa di
questo rapporto è ancora in evoluzione.
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