Il sé come
un’astrazione, cui non corrisponde a niente di reale; Dio come un’astrazione,
cui non corrisponde niente di reale… Sono idee della mente, che esistono solo
in quanto idee.
Noi siamo condizionati
a pensarle e a cercare queste figure, così come i cani, animali gregari,
sono condizionati a cercare un padrone. Anche noi cerchiamo un capo, un re, un
padre, un duce, uno che comandi – che sia il sé o Dio. Ma un uomo che si fosse
liberato di questi condizionamenti, non li cercherebbe. Si renderebbe conto che
anche l’animale-uomo cerca un capobranco.
Ma perché
cercarlo? Perché crearlo? Non si può vivere senza?
Sì, che si può
vivere senza. Ma, in questo caso, bisogna diventare autonomi, padroni della
propria vita, e assumersi ogni responsabilità. Non aspettare che decida il
capo, ma decidere da sé. E, per decidere da sé, bisogna saper pensare da sé,
non ripetere pappagallescamente le idee degli altri.
Purtroppo, la
maggior parte degli uomini non raggiunge questo livello di autonomia, e vuole
il capo. Nasce così ogni autoritarismo, ogni fascismo. E uno che cerchi il Sé
è… un gregario che cerca un capo perfino dentro di sé. È il sottomesso, il
dipendente, il sottoposto, il succubo, il conformista, che si spaventa se
rimane solo a prendere decisioni. Soffre di un complesso di inferiorità, ha un
animo servile.
È la diffusione
di questi animi servili che esige il capo, il padrone – fuori e dentro di sé.
Purtroppo, la
nostra educazione e la nostra socialità ci spingono a essere dominati. Potrebbe
esistere un alveare senza regina, potrebbe esistere un branco di lupi senza uno
che comandi? Può esistere un formicaio senza le caste e le gerarchie – la regina,
i maschi e le operaie?
Questo è il
punto: se c’è un capo, ci devono essere le gerarchie – come nella nostra
società. E i preferiti, i favoriti, i fedeli e gli infedeli…
La liberazione,
l’autonomia richiedono un lungo processo di consapevolezza. Ci dobbiamo rendere
conto di come siamo condizionati a essere dei dipendenti e tirare fuori il
nostro orgoglio. C’è un aneddoto orientale che illustra bene la situazione.
C’era un leoncino
che aveva perso la madre ed era stato allevato da un gregge di pecore, al punto
che si credeva una pecora, belava ed era pieno di paure. Un giorno che era
andato a bere in uno stagno, gli apparve alle spalle un grande e possente
leone. Lui si mise a belare dalla paura
e l’altro gli domandò: “Perché beli?”
“Perché sono una
pecora.”
“Non sei una
pecora.”
“E che cosa
sono?”
“Guardati bene”
disse il leone. E lo fece specchiare nello stagno.
Specchiandosi, il
leoncino si accorse di essere un piccolo leone. E scoprendo la propria natura,
per la prima volta emise un ruggito.
Ecco, analogamente,
vivendo in una società di pecore ci hanno convinto che siamo dei poveri esseri
bisognosi di un capo. Ma il capo chi è? Uno che è più furbo o prepotente, e che
si approfitta del nostro bisogno per elevarsi al di sopra degli altri.
In realtà è la
nostra dipendenza, la nostra sottomissione, che fa di lui un capo.
In genere, in
natura, il capo è l’individuo più grosso, più aggressivo, più feroce e più
forte. E da noi?
Lo stesso. Il
più aggressivo e feroce. Per questo emergono individui come Hitler, Mussolini,
Putin o Netanyau.
Se tutti fossimo
indipendenti, e fieri di esserlo, non ci sarebbero i dittatori, né esterni, né
interiori, né nell’altromondo immaginario.
Ma è necessario
sapersi esaminare attentamente. E qui casca l’asino. Perché pochi sanno farlo .
nella nostra cultura della dipendenza.
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