Pubblico questo articolo di Trending News, perché parla di un’ipotesi
vecchia come il mondo: che la realtà sia un prodotto della mente:
Il neuroscienziato gela il mondo: “La realtà che conosci non
esiste, è un’invenzione della tua mente”
Un
neuroscienziato sconvolge il mondo con una rivelazione sorprendente: “La realtà
che percepiamo è solo un’illusione creata dalla nostra mente”.
Il cervello umano è uno degli organi più affascinanti e
complessi del corpo, responsabile non solo delle nostre funzioni fisiche, ma
anche della nostra coscienza e del modo in cui percepiamo il mondo. Studiarlo e
comprenderlo è stato l’obiettivo di molte discipline, dalla filosofia alla neurologia,
con l’intento di svelare i misteri del pensiero umano. La percezione della
realtà è uno degli aspetti più interessanti della neuroscienza moderna, poiché
si basa sul modo in cui il cervello elabora le informazioni che riceve dai
sensi.
Quando pensiamo alla realtà, di solito crediamo che ciò che
vediamo, tocchiamo e ascoltiamo rappresenti il mondo esterno in modo oggettivo.
Tuttavia, molti studi scientifici hanno dimostrato che la percezione è
un processo soggettivo, creato e filtrato dal nostro cervello. Le esperienze
che viviamo e le informazioni sensoriali che riceviamo vengono elaborate,
interpretate e, in molti casi, distorte dal cervello per adattarsi al nostro
modello del mondo.
Questo fenomeno ha suscitato grandi dibattiti tra filosofi e
neuroscienziati, poiché suggerisce che la realtà come la conosciamo potrebbe
non essere un riflesso fedele del mondo esterno, ma piuttosto una costruzione
interna. Secondo alcune teorie, il nostro cervello crea una sorta di “realtà
virtuale” basata su previsioni e modelli interni, modificando le informazioni
sensoriali per renderle coerenti con le nostre aspettative.
L’idea che il cervello possa manipolare la nostra visione del
mondo ha importanti implicazioni, non solo per la scienza, ma anche per la
tecnologia. Oggi, con lo sviluppo di strumenti avanzati come l’intelligenza
artificiale e la realtà virtuale, siamo in grado di interagire con mondi
artificiali che sembrano reali. Questo ci porta a chiederci quanto sia solida
la nostra comprensione della “vera” realtà e come la tecnologia potrebbe
influenzare ulteriormente questa percezione.
Il cervello come creatore della
realtà
Secondo alcuni neuro-scienziati, il cervello non si limita a
ricevere passivamente informazioni dall’esterno, ma è attivamente
coinvolto nella creazione della realtà che percepiamo.
L’idea è che il nostro cervello costruisce una rappresentazione del mondo, una
sorta di “teatro mentale” che ci permette di interagire con il mondo
circostante. Questa rappresentazione è continuamente aggiornata sulla base
delle informazioni
sensoriali che riceviamo, ma può anche essere influenzata
dalle nostre emozioni, esperienze passate e previsioni.
Questa teoria, che si basa su anni di ricerche
neuroscientifiche, ha radici antiche nella filosofia, con pensatori come
Platone e Kant che hanno già esplorato l’idea che il mondo che percepiamo sia,
in qualche modo, una costruzione mentale. Oggi, le neuroscienze stanno
confermando che il cervello utilizza reti neurali complesse
per creare questa realtà soggettiva, basata su modelli interni che ci aiutano a
navigare nel mondo.
Le scoperte sulle modalità con cui il cervello costruisce la
realtà aprono anche a scenari complessi legati alla possibilità di manipolare
questa percezione. Con l’uso della tecnologia, è teoricamente possibile
alterare l’attività delle reti neurali per
modificare la realtà che un individuo percepisce. Questo solleva questioni
etiche cruciali, soprattutto per quanto riguarda la protezione dei pensieri e
delle percezioni personali.
Nel campo della ricerca, esperimenti condotti sugli animali
hanno già dimostrato che è possibile manipolare i ricordi e
le percezioni attraverso la stimolazione cerebrale, e molti scienziati
ritengono che queste tecnologie possano essere applicate anche agli esseri
umani in futuro. Tuttavia, ciò pone interrogativi importanti su come
salvaguardare la nostra percezione della realtà e mantenere la privacy mentale
intatta.
La
novità sta nella scoperta delle reti neurali del cervello. Perché si potrebbe
arrivare ad un esperimento.
Se
io modifico qualcosa di queste reti, potrei cambiare la realtà?
Non per nulla, il premio Nobel di quest'anno è stato assegnato a studiosi delle reti neurali.
E ora leggete un altro articolo sulle memorie del computer e del cervello.
Quanti gigabyte
di memoria ha il cervello umano?
• 1giorno/i • 4 min di lettura
Quando parliamo di memoria possiamo fare
riferimento alla memoria biologica, cioè alla nostra
capacità di ricordare le cose, o alla memoria di elementi dei computer,
come la memoria di un hard disk o di una ram. Ma c’è una curiosità che spesso
affiora: si può misurare la memoria del nostro cervello in byte? La verità è
che, ad oggi, questo paragone sembra insensato. Infatti,
nei computer, la memoria è
misurata in byte e può essere volatile (RAM) o non volatile (hard
disk, SSD). Il cervello umano, invece, non utilizza bit e byte, ma immagazzina
informazioni tramite reti neurali plastiche che rispondono a stimoli complessi
e sensoriali. Vediamo quindi come funzionano nel dettaglio queste due tipologie
di memoria.
Come
funziona la memoria di un computer?
In informatica, la
memoria è misurata in byte. Questa è l’unità di base
dell’informazione e corrisponde ad una sequenza di otto bit.
Il singolo bit può essere rappresentato da uno zero o
un uno. Da solo un bit non significa niente, ma quando
messo insieme ad altri sette bit, questi formano un codice che può essere
interpretato come, ad esempio, una lettera. La lettera A corrisponde
al codice binario 01100001. Ora, per quantificare la
memoria di un hard disk, si fa riferimento alla loro capienza in byte, quindi
sequenze di otto bit. Oggigiorno, si trovano facilmente nei nostri computer
hard disk da 500 gigabyte, ovvero cinquecento miliardi di
byte, oppure un terabyte, quindi il doppio: mille
miliardi di byte. La memoria di un computer può essere suddivisa in due
categorie principali:
- Memoria volatile: è una
memoria veloce ma temporanea, che non riesce a trattenere i dati quando il
computer viene spento, e che sostituisce dati non immediatamente
utilizzati con quelli che servono sul momento. Le memorie
RAM funzionano
in questo modo.
- Memoria non volatile: è una
memoria che conserva i dati anche senza alimentazione elettrica.
Funzionano con questa modalità gli hard disk e
le SSD, all’interno dei quali vengono scritti i dati
che genericamente salviamo.
Come
funziona la memoria del cervello?
A differenza di un computer, il cervello
umano non ha idea di cosa siano byte e bit, e non li utilizza per immagazzinare
informazioni. Soprattutto, rimane impossibile ridurre le informazioni contenute
nel nostro cervello ad un elemento minimo comune come è il bit per le memorie
digitali. I processi di memoria nel cervello riguardano
l’apprendimento di nuove informazioni che appartengono a sfere molto complesse.
Abbiamo la memoria sensoriale, che riguarda ciò che
sentiamo e percepiamo, la memoria motoria o memoria procedurale,
che riguarda la nostra abilità di apprendere e riprodurre movimenti anche
complessi in maniera automatica, o ancora la memoria dei nostri episodi
di vita, dei numeri di telefono dei nostri
familiari, delle informazioni contenute nei libri universitari.
Conserviamo tutte queste memorie differenti nelle nostre reti
neurali specializzate, che si sfoltiscono quando scordiamo qualcosa (potatura
sinaptica) e costruiscono connessioni quando invece stanno apprendendo
qualcosa di nuovo (sinaptogenesi). Quella del cervello,
quindi, è una memoria biologica distribuita,
altamente plastica che risponde a input sensoriali,
e che non è organizzata in file e cartelle. Inoltre, la nostra memoria è
altamente ottimizzata, e fortemente basata sugli aiuti che riceve dall’esterno:
avete presente quando non ricordate il testo di una canzone,
ma poi vi basta che vi dicano la prima parola o vi facciano sentire la melodia
per ricordare tutto il testo? Ecco, questo al computer non può succedere: o ha
in sé tutte le informazioni necessarie, o non le ha.
Memoria
biologica e memoria artificiale si possono comparare?
Uno studio del 2015 apparso su eLife si
impegna in questo difficile compito di comparare la memoria del computer a
quella del cervello. Il presupposto dal quale i ricercatori partono è che
ogni sinapsi, cioè ogni singolo collegamento tra neuroni,
memorizzi dati per un equivalente di 4,7 bit.
Moltiplicando quindi tutti i neuroni (86 miliardi secondo i ricercatori) per il
numero medio di sinapsi che ha (che variano tra i 5000 e i 10000) ed infine
moltiplicando questo numero per gli ipotetici bit (4,7) si ottiene una
dimensione approssimativa che si aggira intorno
ai 2,5 petabyte, ovvero circa 2,5 milioni di
gigabyte. Il problema è che, per ridurre a bit
l’informazione delle sinapsi, i ricercatori hanno dovuto
compiere grossolane approssimazioni. La memoria umana non
è analoga alla memoria digitale, perché essa si è evoluta per
rispondere alle sfide dell’ambiente e per utilizzare una frazione dell’energia
che utilizza il computer (al contrario di ciò che succede nelle nostre case, in
natura l’energia è un bene limitato e difficile da procurarsi). La capacità
principale che chiediamo ai computer è quella
di immagazzinare dati senza perdita di informazione, e
compiere calcoli complessi in poco tempo. La capacità principale del cervello è
apprendere le informazioni essenziali per sopravvivere,
riconoscendo quindi cosa è dannoso da cosa è benefico a seconda di contesti e
momenti. Per i primi serve una memoria solo parzialmente modificabile, per i
secondi la plasticità, cioè la possibilità di imparare, è
tutto. Uno studio del 2017, apparso su Proceedings of the National
Academy of Science, afferma che la memoria umana non può
essere considerata come un sistema di archiviazione dati, ma piuttosto come
un sistema di elaborazione dinamica, dipendente dal
contesto. Un articolo meno recente su Neuropsychopharmacology fa
luce sui processi di memoria, e come questi siano continuamente
modificati, consolidati e riconfigurati, il che rende pressoché
impossibile paragonarla ad una memoria artificiale. Paragonare la memoria dei
computer alla memoria umana sembra quindi un paragone che non porta da nessuna
parte. Tutto sommato possiamo arrivarci anche empiricamente: se un computer
vede una parola come “correre”, sta rilevando solamente
una stringa di bit. Se noi vediamo la stessa
parola, si attiva in noi la corteccia motoria
relativa alle gambe, associazioni grafiche e di significato nel lobo temporale,
rievocazione di esperienze passate, senso di fatica o di libertà, e tutta una
serie di informazioni a cascata. La nostra memoria sembra
assomigliare più alle correnti oceaniche , sempre uguali
e sempre diverse, che ad un polveroso archivio statico.
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