lunedì 14 ottobre 2024

Le reti neurali

 

Pubblico questo articolo di Trending News, perché parla di un’ipotesi vecchia come il mondo: che la realtà sia un prodotto della mente:

Il neuroscienziato gela il mondo: “La realtà che conosci non esiste, è un’invenzione della tua mente”

 

Un neuroscienziato sconvolge il mondo con una rivelazione sorprendente: “La realtà che percepiamo è solo un’illusione creata dalla nostra mente”.

Il cervello umano è uno degli organi più affascinanti e complessi del corpo, responsabile non solo delle nostre funzioni fisiche, ma anche della nostra coscienza e del modo in cui percepiamo il mondo. Studiarlo e comprenderlo è stato l’obiettivo di molte discipline, dalla filosofia alla neurologia, con l’intento di svelare i misteri del pensiero umano. La percezione della realtà è uno degli aspetti più interessanti della neuroscienza moderna, poiché si basa sul modo in cui il cervello elabora le informazioni che riceve dai sensi.

Quando pensiamo alla realtà, di solito crediamo che ciò che vediamo, tocchiamo e ascoltiamo rappresenti il mondo esterno in modo oggettivo. Tuttavia, molti studi scientifici hanno dimostrato che la percezione è un processo soggettivo, creato e filtrato dal nostro cervello. Le esperienze che viviamo e le informazioni sensoriali che riceviamo vengono elaborate, interpretate e, in molti casi, distorte dal cervello per adattarsi al nostro modello del mondo.

Questo fenomeno ha suscitato grandi dibattiti tra filosofi e neuroscienziati, poiché suggerisce che la realtà come la conosciamo potrebbe non essere un riflesso fedele del mondo esterno, ma piuttosto una costruzione interna. Secondo alcune teorie, il nostro cervello crea una sorta di “realtà virtuale” basata su previsioni e modelli interni, modificando le informazioni sensoriali per renderle coerenti con le nostre aspettative.

L’idea che il cervello possa manipolare la nostra visione del mondo ha importanti implicazioni, non solo per la scienza, ma anche per la tecnologia. Oggi, con lo sviluppo di strumenti avanzati come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale, siamo in grado di interagire con mondi artificiali che sembrano reali. Questo ci porta a chiederci quanto sia solida la nostra comprensione della “vera” realtà e come la tecnologia potrebbe influenzare ulteriormente questa percezione.

Il cervello come creatore della realtà

Secondo alcuni neuro-scienziati, il cervello non si limita a ricevere passivamente informazioni dall’esterno, ma è attivamente coinvolto nella creazione della realtà che percepiamo. L’idea è che il nostro cervello costruisce una rappresentazione del mondo, una sorta di “teatro mentale” che ci permette di interagire con il mondo circostante. Questa rappresentazione è continuamente aggiornata sulla base delle informazioni sensoriali che riceviamo, ma può anche essere influenzata dalle nostre emozioni, esperienze passate e previsioni.

Questa teoria, che si basa su anni di ricerche neuroscientifiche, ha radici antiche nella filosofia, con pensatori come Platone e Kant che hanno già esplorato l’idea che il mondo che percepiamo sia, in qualche modo, una costruzione mentale. Oggi, le neuroscienze stanno confermando che il cervello utilizza reti neurali complesse per creare questa realtà soggettiva, basata su modelli interni che ci aiutano a navigare nel mondo.

Le implicazioni di manipolare la percezione

Le scoperte sulle modalità con cui il cervello costruisce la realtà aprono anche a scenari complessi legati alla possibilità di manipolare questa percezione. Con l’uso della tecnologia, è teoricamente possibile alterare l’attività delle reti neurali per modificare la realtà che un individuo percepisce. Questo solleva questioni etiche cruciali, soprattutto per quanto riguarda la protezione dei pensieri e delle percezioni personali.

Nel campo della ricerca, esperimenti condotti sugli animali hanno già dimostrato che è possibile manipolare i ricordi e le percezioni attraverso la stimolazione cerebrale, e molti scienziati ritengono che queste tecnologie possano essere applicate anche agli esseri umani in futuro. Tuttavia, ciò pone interrogativi importanti su come salvaguardare la nostra percezione della realtà e mantenere la privacy mentale intatta.

 

La novità sta nella scoperta delle reti neurali del cervello. Perché si potrebbe arrivare ad un esperimento.

Se io modifico qualcosa di queste reti, potrei cambiare la realtà?

Non per nulla, il premio Nobel di quest'anno è stato assegnato a studiosi delle reti neurali.

E ora leggete un altro articolo sulle memorie del computer e del cervello.

Quanti gigabyte di memoria ha il cervello umano?

Storia di Joel Baldo

 • 1giorno/i • 4 min di lettura

 

Quando parliamo di memoria possiamo fare riferimento alla memoria biologica, cioè alla nostra capacità di ricordare le cose, o alla memoria di elementi dei computer, come la memoria di un hard disk o di una ram. Ma c’è una curiosità che spesso affiora: si può misurare la memoria del nostro cervello in byte? La verità è che, ad oggi, questo paragone sembra insensato. Infatti, nei computer, la memoria è misurata in byte e può essere volatile (RAM) o non volatile (hard disk, SSD). Il cervello umano, invece, non utilizza bit e byte, ma immagazzina informazioni tramite reti neurali plastiche che rispondono a stimoli complessi e sensoriali. Vediamo quindi come funzionano nel dettaglio queste due tipologie di memoria.

Come funziona la memoria di un computer?

In informatica, la memoria è misurata in byte. Questa è l’unità di base dell’informazione e corrisponde ad una sequenza di otto bit. Il singolo bit può essere rappresentato da uno zero o un uno. Da solo un bit non significa niente, ma quando messo insieme ad altri sette bit, questi formano un codice che può essere interpretato come, ad esempio, una lettera. La lettera A corrisponde al codice binario 01100001. Ora, per quantificare la memoria di un hard disk, si fa riferimento alla loro capienza in byte, quindi sequenze di otto bit. Oggigiorno, si trovano facilmente nei nostri computer hard disk da 500 gigabyte, ovvero cinquecento miliardi di byte, oppure un terabyte, quindi il doppio: mille miliardi di byte. La memoria di un computer può essere suddivisa in due categorie principali:

  • Memoria volatile: è una memoria veloce ma temporanea, che non riesce a trattenere i dati quando il computer viene spento, e che sostituisce dati non immediatamente utilizzati con quelli che servono sul momento. Le memorie RAM funzionano in questo modo.
  • Memoria non volatile: è una memoria che conserva i dati anche senza alimentazione elettrica. Funzionano con questa modalità gli hard disk e le SSD, all’interno dei quali vengono scritti i dati che genericamente salviamo.

 

Come funziona la memoria del cervello?

A differenza di un computer, il cervello umano non ha idea di cosa siano byte e bit, e non li utilizza per immagazzinare informazioni. Soprattutto, rimane impossibile ridurre le informazioni contenute nel nostro cervello ad un elemento minimo comune come è il bit per le memorie digitali. I processi di memoria nel cervello riguardano l’apprendimento di nuove informazioni che appartengono a sfere molto complesse. Abbiamo la memoria sensoriale, che riguarda ciò che sentiamo e percepiamo, la memoria motoria o memoria procedurale, che riguarda la nostra abilità di apprendere e riprodurre movimenti anche complessi in maniera automatica, o ancora la memoria dei nostri episodi di vita, dei numeri di telefono dei nostri familiari, delle informazioni contenute nei libri universitari. Conserviamo tutte queste memorie differenti nelle nostre reti neurali specializzate, che si sfoltiscono quando scordiamo qualcosa (potatura sinaptica) e costruiscono connessioni quando invece stanno apprendendo qualcosa di nuovo (sinaptogenesi). Quella del cervello, quindi, è una memoria biologica distribuita, altamente plastica che risponde a input sensoriali, e che non è organizzata in file e cartelle. Inoltre, la nostra memoria è altamente ottimizzata, e fortemente basata sugli aiuti che riceve dall’esterno: avete presente quando non ricordate il testo di una canzone, ma poi vi basta che vi dicano la prima parola o vi facciano sentire la melodia per ricordare tutto il testo? Ecco, questo al computer non può succedere: o ha in sé tutte le informazioni necessarie, o non le ha.

 

Memoria biologica e memoria artificiale si possono comparare?

Uno studio del 2015 apparso su eLife si impegna in questo difficile compito di comparare la memoria del computer a quella del cervello. Il presupposto dal quale i ricercatori partono è che ogni sinapsi, cioè ogni singolo collegamento tra neuroni, memorizzi dati per un equivalente di 4,7 bit. Moltiplicando quindi tutti i neuroni (86 miliardi secondo i ricercatori) per il numero medio di sinapsi che ha (che variano tra i 5000 e i 10000) ed infine moltiplicando questo numero per gli ipotetici bit (4,7) si ottiene una dimensione approssimativa che si aggira intorno ai 2,5 petabyte, ovvero circa 2,5 milioni di gigabyte. Il problema è che, per ridurre a bit l’informazione delle sinapsi, i ricercatori hanno dovuto compiere grossolane approssimazioni. La memoria umana non è analoga alla memoria digitale, perché essa si è evoluta per rispondere alle sfide dell’ambiente e per utilizzare una frazione dell’energia che utilizza il computer (al contrario di ciò che succede nelle nostre case, in natura l’energia è un bene limitato e difficile da procurarsi). La capacità principale che chiediamo ai computer è quella di immagazzinare dati senza perdita di informazione, e compiere calcoli complessi in poco tempo. La capacità principale del cervello è apprendere le informazioni essenziali per sopravvivere, riconoscendo quindi cosa è dannoso da cosa è benefico a seconda di contesti e momenti. Per i primi serve una memoria solo parzialmente modificabile, per i secondi la plasticità, cioè la possibilità di imparare, è tutto. Uno studio del 2017, apparso su Proceedings of the National Academy of Science, afferma che la memoria umana non può essere considerata come un sistema di archiviazione dati, ma piuttosto come un sistema di elaborazione dinamica, dipendente dal contesto. Un articolo meno recente su Neuropsychopharmacology fa luce sui processi di memoria, e come questi siano continuamente modificati, consolidati e riconfigurati, il che rende pressoché impossibile paragonarla ad una memoria artificiale. Paragonare la memoria dei computer alla memoria umana sembra quindi un paragone che non porta da nessuna parte. Tutto sommato possiamo arrivarci anche empiricamente: se un computer vede una parola come “correre”, sta rilevando solamente una stringa di bit. Se noi vediamo la stessa parola, si attiva in noi la corteccia motoria relativa alle gambe, associazioni grafiche e di significato nel lobo temporale, rievocazione di esperienze passate, senso di fatica o di libertà, e tutta una serie di informazioni a cascata. La nostra memoria sembra assomigliare più alle correnti oceaniche , sempre uguali e sempre diverse, che ad un polveroso archivio statico.

 

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