Anche se la
meditazione non è una psicoterapia, può far emergere materiali inconsci o far
accorgere che l’io ha difetti o mancanze. Vi è insomma una crescita dell’interiorizzazione,
della conoscenza di sé, della consapevolezza.
Questo fenomeno
dell’interiorizzazione può sembrare una forma di ritiro narcisistico, di
ritorno a un mondo autistico, di una chiusura verso l’altro e il mondo. E in un primo momento lo è.
Ma bisogna
comprendere che se si rimane fissati in un certo stadio di crescita dell’io, non
c’è meditazione efficace. Lo sviluppo dell’interiorizzazione deve alla fine
portare a un minor narcisismo, alla comprensione che l’io è un fenomeno
contingente, che anche gli altri hanno un loro io, che tutti interagiscono, che
l’io abituale è fortemente condizionato e che è necessario passare oltre,
La meditazione,
insomma, deve portare a un trascendimento, a un’uscita da sé, a un guardare
oltre. I meditanti guardano dentro di sé per penetrare oltre il sé, per
diventare sempre più universali.
Nelle religioni
tradizionali, lo scopo d’ogni contemplazione è l’unione con Dio. Il che sembra
un risultato ottimistico, sproporzionato, mitico e illusorio. Questa presenza
che alcuni sentono divina, per la meditazione non è nient’altro che il proprio Sé
interiore depurato da ogni scoria dell’io egoistico. Dunque alla portata di
tutti, non un fantoccio esteriore da raggiungere, magari in qualche
spazio-tempo immaginario.
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