Se non ci
fosse il tempo, tutto avverrebbe nello stesso istante. Se non ci fosse lo
spazio, tutto avverrebbe nello stesso punto. Se non ci fosse la coscienza,
niente avverrebbe – tutto sarebbe.
Questo
avviene quando moriamo. Il tempo, lo spazio e la coscienza si annullano. E
quello che rimane è assoluta Consapevolezza, in cui non c’è “spazio” per
nessuna dualità (neppure per la coscienza) e le antinomie si annullano.
Di Dio si
possono avere due concetti: l’uno è quello di una persona, l’altro è quello di
una natura.
Quando noi
parliamo di natura ultima, quello è Dio. Ma un Dio che non è una persona,
seppure in grande.
La natura
ultima è in realtà uno stato, inimmaginabile. E può anche essere concepita come
il Sé, l’Atman. Ma si tratta di concetti, prodotti dal dualismo della mente.
Ciò che la
mente pensa è nel dominio del tempo, dello spazio e della coscienza duale e
contraddittoria. Per comprendere la realtà ultima, occorre dunque svuotare la
mente di ogni concetto e di ogni proiezione. E intuire direttamente. Ma è quasi
impossibile, incomprensibile.
Il Sé non
è un io ideale, perfetto, ma un non-io.
Se la
coscienza ci fa sentire vivi, ci fa anche sentire divisi. E questa divisione
antinomica (bene-male, amore-odio, luce-tenebre, alto-basso, piacere-dolore,
io-altro, vita-morte…) scatena la guerra sulla terra. Che infatti esiste fin da
quando esiste l’uomo.
Poiché è
condizionata, la nostra esperienza e conoscenza del mondo fenomenico non sfugge
al conflitto e alla contrapposizione. Anche nelle nostre rappresentazioni dell’aldilà,
introduciamo le antinomie: Dio-demonio, paradiso-inferno, eccetera. Tutto è
diviso e contrapposto.
Da qui la
necessità di una meditazione ricostituiva che compia il percorso inverso:
unificando, sintetizzando, ritrovando l’unità degli opposti e del tutto.
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