lunedì 9 gennaio 2023

L'origine della coscienza

 

Siamo tutti d’accordo che ogni indagine spirituale non può che partire dal “senso di presenza” che è originario. Noi sentiamo che siamo presenti, che siamo vivi, che siamo coscienti di essere coscienti. Ma questo senso originario non va confuso con il “cogito ergo sum” di Cartesio che è invece un concetto, un’elaborazione secondaria.

No, dobbiamo realmente tornare al senso, all’intuizione primaria, senza pensieri, senza ragionamenti, senza distinzioni e divisioni.

Dobbiamo infatti ricordare che il bambino, appena nato e per qualche mese, non sa né di essere né di essere un individuo separato. Si formerà questa nozione a poco a poco, stimolato dai genitori.

Se non si formasse questa nozione di essere un io indipendente cui corrispondono tanti altri, rimarrebbe un bambino autistico, gravemente menomato.

Ma ciò che corrisponde a un’esigenza sociale distorce e vela la vera natura.

In fondo nessuno chiede di nascere, per il semplice motivo che nello stato originale non ha mancanze né desideri. Questo ci deve far riflettere sulla grave responsabilità che ci assumiamo facendo nascere qualcuno: tiriamo fuori da uno stato di completezza un essere per metterlo in uno stato di bisogno e di mancanza.

Infatti il bambino, appena nato, si mette a piangere, perché con quell’atto diventerà un essere separato e sempre bisognoso: di cibo, di cure, di affetto, di amore.

E che cos’è l’amore se non un tentativo di risarcimento e di completezza… sempre fallito?

Ma la nascita della coscienza e dell’io non è immediata. È un lungo processo di adattamento.

Ancora adesso la sensazione di essere può essere evocata solo per un istante. Per il resto del tempo, è solo una sensazione di esserci, di essere una certa persona, cioè una certa maschera (come dice l’etimologia della parola).

La nascita della coscienza è in realtà una divisione. Per sapere che siamo e chi siamo, dobbiamo sdoppiarci in soggetto e oggetto. E, con ciò, abbiamo perduto la completezza.

È da presumere che solo con la morte, cioè con la fine del corpo fisico e della coscienza individuale, si ritorni al punto di partenza. A una consapevolezza completa. E questo in un andirivieni continuo.

I fisici cercano di ricostruire lo stato originario dell’universo, di 13 0 14 miliardi di anni fa, prima che si formassero le galassie, le stelle e i pianeti, uno stato in cui tutto era riunito in una palla di “materia” superdensa. Esiste ancora oggi una radiazione cosmica di fondo, dovuto alla prima inflazione.

Ma lo stesso dobbiamo chiederci noi con la nascita della coscienza. Che cosa c’era prima che si formassero la presenza mentale e la coscienza duale in certi esseri viventi?

La risposta è che c’era una consapevolezza così concentrata da escludere ogni dualismo, ogni individualismo e ogni separazione. Poi nacquero la coscienza e la frammentazione. L’ipotesi è suffragata dagli stadi del processo di nascita e dalla sensazione di presenza ancora oggi rintracciabile negli individui. È da presumere che in origine ci fosse per così dire un unico individuo (la singolarità) e un’unica consapevolezza impersonale.

E a questa ritorniamo quando moriamo.

Ma non sappiamo ancora se nella dissoluzione del corpo-mente si conserva un certo ricordo dell’io che siamo stati.

Sarebbe come quando formattiamo un disco fisso. Le informazioni scompaiono, ma il disco resta sempre lo stesso (teoria della reincarnazione). Inoltre, con un buon programma di recupero, qualcosa delle vecchie informazioni si può ritrovare.

Nessun commento:

Posta un commento