Se Dio fosse una specie di governatore del mondo, sarebbe responsabile
del male. Oppure ci sarebbero due Iddii, come sostenevano il pensiero gnostico
e il manicheismo, in lotta fra di loro. Le interpretazioni filosofiche sono
varie, ma si tratta comunque di giustificare la presenza del male fin dalle
origini. Il cristianesimo per esempio ricorre all’idea di un peccato originale,
da addebitare tutto all’uomo.
Se concepiamo Dio come uno stato, una condizione, l’origine o la
fonte, dovremmo per forza attribuire la responsabilità del male o allo stesso
Principio o a qualcun altro, uomo o Diavolo.
Comunque la si metta, non riusciamo a conciliare l’idea di un Dio
buono con il male (anche naturale) che vediamo in azione.
Ancora una volta cerchiamo di salvare Di, la nostra immagine di Dio.
Questo in realtà dimostra che la nostra idea di un Dio, soltanto buono e creatore del bene, non
regge. Il male è originario, costitutivo del mondo.
Allora non dobbiamo più ricorrere ad un’idea del genere, idealistica e
mitica, e riconoscere che il mondo non ha un creatore, un responsabile perfetto
e amorevole, ma si è fatto da solo, spontaneamente. E, come tutte le cose che si
sono fatte da sole, è un po’ abborracciato e pieno di difetti.
Non si tratta quindi di un peccato originale, semmai di un vizio
originale.
Il fatto è che i nostri strumenti conoscitivi (percezioni, mente,
coscienza) sono dualistici e dunque il mondo ci appare sempre formato da
contrasti: piacere-dolore, bene-male, nascita-morte, alto-basso, inizio-fine,
ecc.
Di conseguenza, ciò che ci appare è un enorme spettacolo, Possiamo
parteciparvi, ma possiamo anche esserne testimoni. Siamo attori e spettatori nello
stesso tempo.
Per cogliere la realtà, dovremmo essere capaci di superare il
dualismo.
L’unico dato da cui possiamo partire è il nostro essere, ed essere per
la morte. Sembra un destino di un dramma che si deve concludere, per bene che vada,
con la vecchiaia e la morte. Noi non abbiamo chiesto di nascere né di morire,
ma siamo dentro il dramma e dobbiamo accettarlo.
Siamo come dei pacchi postali trasportati qua e là da un destino che
non abbiamo scelto. Trascinati da desideri e paure, ci tocca correre, anche se
non facciamo nulla.
Però abbiamo una consapevolezza che ci permette di osservare tutto con
distacco: le nascite, le morti, le malattie, i piaceri, i successi, gli
insuccessi, il decadimento e la fine.
Forse la nostra vera identità è proprio questa. Siamo dei rivelatori e
dei contemplatori. Per il resto, siamo carne da macello. Siamo qui, bersagliati
da mille proiettili, in attesa di ritornare alla fonte da cui siamo venuti –
non un Dio (che è un’idea della nostra mente), ma un immenso nulla. Un nulla
tuttavia che non è la mancanza di ogni cosa (perché ha creato tutto questo), ma
una riformattazione del nostro disco fisso.
Lo spettacolo non ha ragione, non ha causa, non ha scopo, e ognuno lo vive
da solo, anche se per qualche tempo si accoppia.
Consapevole che sta vivendo in una specie di sogno, il testimone sa
che alla fine sarà distrutto. E questo è già un primo risveglio.
Non può identificarsi con il corpo, ma neppure con la mente-coscienza, che alla fine saranno travolti e ritorneranno nel nulla. Quanto allo stato di testimonianza, bisognerà vedere se è così potente da resistere alla distruzione o se sarà anch’esso cancellato.
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