mercoledì 25 gennaio 2023

Resistere alla distruzione

Se Dio fosse una specie di governatore del mondo, sarebbe responsabile del male. Oppure ci sarebbero due Iddii, come sostenevano il pensiero gnostico e il manicheismo, in lotta fra di loro. Le interpretazioni filosofiche sono varie, ma si tratta comunque di giustificare la presenza del male fin dalle origini. Il cristianesimo per esempio ricorre all’idea di un peccato originale, da addebitare tutto all’uomo.

Se concepiamo Dio come uno stato, una condizione, l’origine o la fonte, dovremmo per forza attribuire la responsabilità del male o allo stesso Principio o a qualcun altro, uomo o Diavolo.

Comunque la si metta, non riusciamo a conciliare l’idea di un Dio buono con il male (anche naturale) che vediamo in azione.

Ancora una volta cerchiamo di salvare Di, la nostra immagine di Dio.

Questo in realtà dimostra che la nostra idea di un Dio, soltanto buono e creatore del bene, non regge. Il male è originario, costitutivo del mondo.

Allora non dobbiamo più ricorrere ad un’idea del genere, idealistica e mitica, e riconoscere che il mondo non ha un creatore, un responsabile perfetto e amorevole, ma si è fatto da solo, spontaneamente. E, come tutte le cose che si sono fatte da sole, è un po’ abborracciato e pieno di difetti.

Non si tratta quindi di un peccato originale, semmai di un vizio originale.

Il fatto è che i nostri strumenti conoscitivi (percezioni, mente, coscienza) sono dualistici e dunque il mondo ci appare sempre formato da contrasti: piacere-dolore, bene-male, nascita-morte, alto-basso, inizio-fine, ecc.

Di conseguenza, ciò che ci appare è un enorme spettacolo, Possiamo parteciparvi, ma possiamo anche esserne testimoni. Siamo attori e spettatori nello stesso tempo.

Per cogliere la realtà, dovremmo essere capaci di superare il dualismo.

L’unico dato da cui possiamo partire è il nostro essere, ed essere per la morte. Sembra un destino di un dramma che si deve concludere, per bene che vada, con la vecchiaia e la morte. Noi non abbiamo chiesto di nascere né di morire, ma siamo dentro il dramma e dobbiamo accettarlo.

Siamo come dei pacchi postali trasportati qua e là da un destino che non abbiamo scelto. Trascinati da desideri e paure, ci tocca correre, anche se non facciamo nulla.

Però abbiamo una consapevolezza che ci permette di osservare tutto con distacco: le nascite, le morti, le malattie, i piaceri, i successi, gli insuccessi, il decadimento e la fine.

Forse la nostra vera identità è proprio questa. Siamo dei rivelatori e dei contemplatori. Per il resto, siamo carne da macello. Siamo qui, bersagliati da mille proiettili, in attesa di ritornare alla fonte da cui siamo venuti – non un Dio (che è un’idea della nostra mente), ma un immenso nulla. Un nulla tuttavia che non è la mancanza di ogni cosa (perché ha creato tutto questo), ma una riformattazione del nostro disco fisso.

Lo spettacolo non ha ragione, non ha causa, non ha scopo, e ognuno lo vive da solo, anche se per qualche tempo si accoppia.

Consapevole che sta vivendo in una specie di sogno, il testimone sa che alla fine sarà distrutto. E questo è già un primo risveglio.

Non può identificarsi con il corpo, ma neppure con la mente-coscienza, che alla fine saranno travolti e ritorneranno nel nulla. Quanto allo stato di testimonianza, bisognerà vedere se è così potente da resistere alla distruzione o se sarà anch’esso cancellato. 

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