Il mondo
appare perché c’è la coscienza. Se non ci fosse la coscienza, per noi il mondo
e noi stessi non ci saremmo. Non solo: il mondo ci appare così com’è la
coscienza, limitato e sempre in divenire.
Ma, nel
nostro stato originale, nella nostra natura ultima o prima, prima di nascere, che
cosa eravamo? Niente o tutto: eravamo parte dello sperma di nostro padre e
dell’ovulo di nostra madre, i quali a loro volta erano nati dai corpi dei loro
progenitori, i quali a loro volta… È una lunga trafila, che ci dice che in un
certo senso già c’eravamo, ma non lo sapevamo, perché non c’era coscienza.
Poi siamo
stati concepiti, senza che venissimo interpellati. Così, siamo stati strappati
dallo stato originale e scagliati nel mondo del desiderio e del tempo. Ma in
quello stato originale non c’era mancanza, non c’era sofferenza, non avevamo
bisogno di niente.
Siamo nati
e, a poco a poco, è nata la nostra coscienza – e contemporaneamente il mondo. Il
mondo è apparso alla coscienza, nella coscienza. E, con esso, la sofferenza e
il desiderio. Da neonati eravamo un grumo di desideri insoddisfatti: e
piangevamo per protestare e per farci sentire.
Quindi è
nata la coscienza egoica e condizionata, la sensazione di esistere con la
certezza di dover morire.
Il mondo è
legato al divenire, al tempo e a una coscienza che non si ferma mai.
Si è
formata una certa identità, legata a un certo corpo e a certi genitori. E anche
una sensazione di essere prigionieri e un desiderio di liberarci, di essere di
più, di non morire, di essere per sempre.
Ciò che
pensiamo di essere è nel tempo, chiuso tra una nascita e una morte. Ma ciò che
realmente siamo è a di fuori dello spazio-tempo, senza nascita e senza morte.
La prova è
che non ci rassegniamo, ma aspiriamo sempre a ritrovare l’unità e la
completezza. Nel sesso, nelle percezioni profonde, nell’amore, nella
penetrazione intuitiva.
In realtà
non cerchiamo né padri né madri, ma il nostro volto originario, quello che avevamo
prima di nascere, di diventare un io cosciente nel e del dualismo, di conoscere
la nascita e la morte, di diventare oggetti di conoscenza. Noi siamo
soggettività pura, pura consapevolezza, senza divisioni, senza neppure essere
coscienti di essere coscienti.
Ma allora
c’è stato uno scambio di identità, una caduta, un peccato originale, una
degradazione? Perché questo sogno, questa illusione, questo rimpicciolimento? Perché
questa farsa di una nascita e una morte, questa recita?
Ma proprio
questo è il sogno, l’illusione!
Credersi
caduti, mentre si è sempre assoluta consapevolezza.
Nessun commento:
Posta un commento