Poiché la vita/coscienza trae origine dall’unione sessuale fra due
persone, l’essere che è nato cercherà di ritrovare quella unione attraverso un
altro accoppiamento. È così che
nasce l’amore e la necessità del coito.
Nel coito si trova per qualche istante la beatitudine dell’unione, la
trascendenza del due. L’io separato cerca di riunificarsi, annullando la
propria individualità.
Ma l’unione è breve, uno spiraglio aperto nella trascendenza che
subito si richiude.
Il problema è che noi viviamo nella separazione, nell’isolamento e
nello spazio-tempo del mondo. Solo alla fine, nella morte, si annullerà ogni dualismo,
interno ed esterno.
Per forza, non sappiamo chi siamo. Scambiamo il nostro corpo-mente per
noi stessi. Ma quello è solo un fantasma che non può sapere chi è. Pensa “io
sono questo… io sono quello… io sono vivo in attesa di morte. Ma in realtà è
solo un’idea della mente.
Ciò che realmente è non ha niente a che fare con queste definizioni,
ma è oltre. Di questo dobbiamo essere convinti. Che non siamo il corpo mente
che sentiamo e pensiamo, ma esattamente ciò per cui sentiamo e pensiamo. Anche
l’esperienza è fallace, perché presuppone un conoscente e un conosciuto.
Ma tu sei proprio colui che sta conoscendo – e non puoi coglierti, se
non per brevi istanti.
Tutto appare e scompare, vivi e muore… apparentemente. Ma tu sei il
silenzio e la pace che ci sono prima di questi movimenti. Non sei neppure la
coscienza che è pur sempre divisa in due, provenendo da due.
Quando sei nato, nessuno ti ha chiesto il tuo parere. Avresti anche
potuto dire di no. No, non voglio nascere, voglio rimanere qui dove sono già
completo, dove non ho desideri né paure. Sarebbe stato molto meglio. Invece ti
hanno fatto precipitare in questo dramma di gioie e dolori, di successi e
fallimenti, di nascite e di morti, di salvati e perduti.
Lascia perdere tutto. Tu non sei quell’attore che recita un a parte,
tu sei il dio del tuo mondo falso, tutto lì.
Tu sei altro, tu sei oltre. Ti hanno giocato un brutto tiro, e adesso
se costretto a sopravvivere e a morire.
Ma, il vero te stesso, non è mai nato e non è mai morto.
Ti hanno costretto a ripetere tutto il ciclo, a cercare l’amore di
qualcuno da cui dipenderai, a riprodurti, a riprodurre l’incubo. Ma tu sai,
dentro di te, che è tutta una recita.
Esci piuttosto dalla recita, osserva tutto con distacco, anche la tua
coscienza, anche la tua coazione a ripetere, e sii te stesso. Il te stesso che
non nasce e che non muore, che non ha né dio né io. Ciò che puoi essere lo sei
già, devi solo smettere di aderire alla finzione. Riconosci la finzione e sappi
che sei, chi sei.
Un leoncino era stato allevato da pecore e si credeva una pecora che
belava. Ma un giorno incontrò un vero leone, che lo fece specchiare in una
pozzanghera. “ Vedi chi sei? Non sei una pecora. Sei un leone. Ti hanno fatto
credere di essere ciò che non sei. Ruggisci!”
E il leoncino ritrovò in un attimo la sua vera identità.
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