Tutto è apparente. Ma questa non è una brutta parola. Le cose appaiono
perché sono illuminate. La coscienza stessa è il frutto di questa
illuminazione.
Se non ci fosse la luce, niente apparirebbe.
Ma, quando cerchiamo di cogliere questa luce, non ci riusciamo, ci
sfugge. Il fatto è che la luce è ciò che ci permette di vedere e quindi è per
così dire sempre alle nostre spalle. È come un sole che illumina tutto, che ci
permette di vedere, ma che non può essere guardato direttamente.
La luce della coscienza proviene da una fonte che è al di là di essa.
Ma, poiché noi vediamo, anche la fonte esiste ed è esattamente ciò ci permette
di vedere. È come un occhio che vede tutto, ma non vede se stesso.
Ciò che si vede, però, è apparente in senso negativo, poiché è una
specie di fantasma, di sogno, di illusione. Non è la realtà ultima, che non è
visibile né con i sensi né con gli strumenti della mente. Vediamo le sue ombre,
ma non la sua sostanza.
Per quanti sforzi si faccia, ci sfugge sempre, perché i nostri mezzi
di conoscenza, sensitivi e mentali, che isolano, separano e “dualizzano”, non
possono cogliere ciò che è unitario. Anche l’io, che crediamo di conoscere, è
solo una persona, cioè una maschera.
Che cosa c’è al di là della maschera? C’è una consapevolezza
sconfinata, che si intuisce solo quando mettiamo in silenzio, in quiete, i comuni
mezzi conoscitivi, ossia la mente.
Per cogliere questa consapevolezza sconfinata e unitaria, la fonte di
tutto, dobbiamo chiederci di continuo chi siamo veramente, aiutati in questo
dal male di vivere.
Quando ci sentiamo male, perché abbiamo a che fare con le innumerevoli
sofferenze della vita, rendiamoci conto che tutto ciò che viviamo è limitato,
imperfetto, falso e temporaneo, torturato da desideri, ansie e paure. È
inevitabile.
Le nostre fantasie di Dio o di un paradiso, testimoniano da una parte
della povertà e della pochezza in cui viviamo e dall’altra parte di un’insopprimibile
aspirazione alla felicità e alla completezza.
Domandiamoci dunque chi siamo, qual è la nostra origine, la nostra
vera identità. Siamo dei pezzenti, sempre bisognosi di qualcosa o figli di re
che hanno dimenticato da dove provengono?
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