sabato 14 giugno 2025

La logica moderna

Non conosco sistema filosofico, religioso, metafisico o logico che non faccia ricorso a concetti contrapposti complementari come inizio/fine, vita/morte, finito/infinito, soggetto/oggetto, alto/basso, positivo/negativo, prima/dopo, dentro/fuori, interno/esterno, vero/falso, soggettivo/oggettivo, vuoto/pieno, causa/effetto, essere/nulla, io/altro, certezza/incertezza, luce/buio,  comprensione/ignoranza, movimento/stasi, bene/male, attrazione/repulsione, amore/odio, ordine/caos, logico/assurdo, avanti/indietro, giusto/ingiusto, equilibrio/squilibrio

e altre tantissime antinomie che infarciscono i nostri discorsi. E la nostra mente razionale. Non possiamo pensare senza queste antinomie, non possiamo ragionare senza queste contraddizioni. Ma si tratta solo di concetti astratti senza una vera corrispondenza con la realtà? 

In effetti certi dualismi si ritrovano nella vita concreta, non solo nella nostra mente. Prendiamo per esempio il maschile e il femminile, l' inspirazione/espirazione o il giorno e la notte. Prendiamo i dualismi della fisica e della psicologia. Prendiamo le nostre strutture fisiologiche e quelle del DNA o l' RNA. Prendiamo la coscienza. Prendiamo il rapporto soggetto/oggetto. Prendiamo il dualismo della percezioni e delle nostre emozioni.
per esempio, se non ci fosse il dualismo soggetto/oggetto, tutto sarebbe appiccicato, indistinguibile, esattamente come se non ci fosse il dualismo dello spazio e del tempo: tutto sarebbe nello stesso punto e nello stesso istante; e non ci sarebbe il divenire.

Dunque certi dualismi sono reali, concreti, percepiti, tangibili. Perciò il nostro ragionamento ha una base effettiva. Possiamo anche utilizzare un linguaggio matematico, ma prima di tutto è limitato alle relazioni quantitative, e poi anche loro sono condizionate da segni complementari (più o meno ecc.) e devono essere spiegate con concetti complementari.

Questo significa che il dualismo è  molto profondo e che non ne possiamo fare a meno se vogliamo ragionare. E che in parte corrisponde a strutture reali.

Però dobbiamo prenderne coscienza e riuscire a capire che la nostra comprensione ha bisogno di esprimersi e di appoggiarsi a una struttura reale, universale, in apparenza duale, ma non in senso statico. Piuttosto, una struttura oscillante e dinamica. Che maschera una sostanziale unità. Qui però ricadiamo nel loop. Il concetto di unità o di armonia è a sua volta un concetto complementare. E dunque capiamo qualcosa. Da una parte non possiamo fidarci del dualismo (perché può essere solo uno schema astratto), ma dall'altra capiamo che la struttura duale maschera un' oscillazione che può assumere molteplici o infinite posizioni.  Dovremmo parlare, più che di un dualismo tra due poli, di una molteplicità di combinazioni. Così, tra il nero e il bianco o tra luce e il buio ci sono infinite gradazioni, non solo due. Qualche volta ce ne accorgiamo e abbiamo anche parole per esprimere alcune (non tutte) le gradazioni; e se cerchiamo un nero limite, assoluto, o un bianco assoluto, non lo troviamo. 

Questo cosa significa? Che nella realtà non c'è un bianco o un nero assoluti, ma una gradazione che il nostro linguaggio non coglie, proprio come tra due numeri reali ci sono infiniti numeri.

Se immaginiamo la contrapposizione duale in senso dinamico, abbiamo un universo variegato ma non coglibile. Quello che cogliamo è un semplice dualismo astratto. 

Però almeno riusciamo a capirlo. Il dualismo è solo un caso particolare di una relazione che in realtà è infinitamente dinamica. Tra il bianco e il nero ci sono infinite gradazioni, ma noi ne cogliamo solo due o poco più. 

Del resto, se dovessimo cogliere le infinite gradazioni, che cosa ce ne faremmo? Potremmo fabbricare infiniti tessuti bianchi o neri? Anche un computer si arrenderebbe.

Ora questo discorso vale per tutte le dualità. Se per esempio prendiamo la dualità vero/falso o bene/male o prima/dopo, come potremmo dire che esistono infinite gradazioni e servircene? La nostra comprensione è sempre una approssimazione, limitazione, riduzione... per questioni pratiche, per intenderci.

Dunque, dobbiamo comprendere da una parte che la realtà è dinamicamente infinita, ma dall'altra parte che noi la riduciamo per comprenderci. Se sappiamo per esempio che i "prima" e i "dopo" sono su una scala o un ciclo infinito, per misurare il tempo dobbiamo poi ridurli. Resta il fatto che le polarità complementari svolgono un gioco senza fine di contrasto/accordo. Ma che noi ne cogliamo per comodità solo due.

Come non possiamo cogliere una cosa che si muove troppo velocemente, così non possiamo cogliere la dinamica delle diadi.

Ma dobbiamo sempre tener presente che la nostra "realtà" è una riduzione alla dualità di un movimento continuo in cui le due polarità o sono casi limite o sono sempre in moto.

Quindi la logica moderna non deve più illudersi che esista una ingenua contrapposizione tra due poli che assumono due posizioni (o sì o no), ma deve essere cosciente che le posizioni sono infinite. Come del resto la coscienza stessa, che non vede la contrapposizione tra due io, ma di un numero infinito.

In conclusione, non si può più ragionare con la logica semplicemente duale di una volta: presente o assente, esistente o non esistenze, vivo o morto, cosciente o incosciente...

***

Hai articolato in modo profondo e lucido una critica alla logica duale tradizionale e al tempo stesso una proposta di superamento: il riconoscimento che la realtà non è costituita da coppie opposte e statiche, ma da oscillazioni dinamiche tra polarità che, pur distinguibili, non sono mai assolute né isolate. Provo a sintetizzare e rilanciare alcuni nodi del tuo discorso in forma quasi-manifesto, per renderlo ancora più chiaro e incisivo:


1. L’universale presenza delle antinomie

Non esiste sistema filosofico, religioso, scientifico o linguistico che non si appoggi a strutture binarie: vita/morte, vero/falso, interno/esterno, causa/effetto… Le nostre parole, i nostri ragionamenti e persino le nostre percezioni si organizzano secondo queste coppie. È un fatto fondamentale: il pensiero umano è strutturalmente duale.

Ma questa struttura non è solo linguistica o mentale: molte di queste opposizioni si riflettono nel mondo fisico, biologico, psicologico. Il giorno e la notte non sono astrazioni. L’inspirazione e l’espirazione sono movimenti reali. Anche il DNA stesso è una doppia elica complementare. Il dualismo soggetto/oggetto è alla base dell’esperienza e della coscienza.


2. Il limite del dualismo statico

Tuttavia, la mente tende a fissare queste coppie come entità contrapposte, rigide e assolute. Cerca il “vero” e lo oppone al “falso”, il “bene” al “male”, la “presenza” all’“assenza”, come se fossero blocchi separati. Ma nella realtà, tra ogni polo e il suo opposto c’è uno spazio intermedio infinito, non riducibile a due categorie. Proprio come tra due numeri reali esistono infiniti altri numeri, tra il bianco e il nero esistono infinite gradazioni.

Non vediamo queste sfumature non perché non esistano, ma perché il nostro linguaggio e la nostra logica non sono in grado di coglierle tutte. Sono riduzioni pratiche, scorciatoie cognitive.


3. Dalla dualità all’oscillazione dinamica

L’errore non è riconoscere i poli, ma fermarsi a essi come se fossero la realtà ultima. Invece, tra le polarità si muove una forza, una tensione, un’oscillazione. Le polarità non sono entità assolute, ma tensioni relazionali, punti estremi di un processo.

La realtà non è duale, ma oscillante.
Il dualismo è una semplificazione cognitiva dell’oscillazione.

Ogni coppia antinomica non è una divisione netta, ma un campo di possibilità in movimento. Il vero e il falso, il bene e il male, il dentro e il fuori... sono estremi idealizzati di una continuità dinamica.


4. Le diadi come soglie di un’infinità qualitativa

Così come la luce non è solo bianca o nera ma uno spettro, anche il tempo, la verità, la moralità, la coscienza stessa sono fenomeni graduali e dinamici. La nostra mente riduce questo movimento continuo a un codice binario, per necessità comunicative e operative.

Ma possiamo diventare consapevoli di questo limite. Possiamo pensare la dualità come soglia, come maschera di un processo profondo. Allora emergono nuove logiche, logiche della risonanza, del ciclo, della trasformazione.


5. Verso una logica dell’infinita molteplicità dinamica

Il passo successivo è una logica che non nega la dualità, ma la trascende nella molteplicità dinamica. Una logica che non si fonda più su “vero o falso”, ma su gradi di coerenza, ritmi di apparizione, modulazioni.

La coscienza, ad esempio, non è semplicemente “presente” o “assente”: si espande, si contrae, si oscura, si illumina. È una vibrazione.


Conclusione: dalla logica binaria alla logica oscillatoria

Il nostro linguaggio e la nostra logica hanno bisogno dei poli per funzionare. Ma la realtà che vogliono descrivere è infinitamente più sottile, fluida, sfumata. Il compito della filosofia, della scienza, dell’arte e della coscienza non è quello di fissare le categorie, ma di farle vibrare.

La logica duale è solo l’ombra di un movimento profondo e unitario.
Pensare non significa scegliere un polo, ma cogliere l’oscillazione.


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