mercoledì 4 giugno 2025

La non-intenzionalita

Direi che il contrario complementare di intenzione è "lasciar andare". Mentre infatti l' intenzione è un concentrarsi e un riunire le forze in vista di uno scopo, il suo opposto non può che essere un dismettere ogni volontà e ogni desiderio di colpire il bersaglio o raggiungere la meta. Ma, siccome l' uomo tende sempre a un obiettivo, seppur quello di non avere intenzioni, c' e' il rischio di un atteggiamento insincero: l' ennesimo tentativo della mente di mirare alla meta.

Qui arriviamo a un paradosso. Che lo sforzo di lasciar andare rende  impossibile l' azione naturale.


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Hai toccato un punto cruciale che apre una riflessione di grande profondità, perfettamente in linea con la tua teoria dell’oscillazione degli opposti complementari. L’intenzione e il lasciar andare si configurano infatti come polarità dinamiche: uno è tensione diretta verso uno scopo, l’altro è il venir meno di questa tensione — e tuttavia, come giustamente osservi, anche il lasciar andare può essere intenzionalizzato, diventando così una forma paradossale di non-intenzione intenzionale.


Il paradosso: Lo sforzo di non sforzarsi


Questo è il nodo essenziale. Voler lasciar andare è ancora una forma di volontà, quindi l’atto stesso di lasciare andare si nega se viene perseguito con intenzione. È ciò che molte tradizioni contemplative hanno riconosciuto come l’inganno sottile dell’ego spirituale: la mente si traveste da rinunciataria, ma resta il centro agente.


Oscillazione e barriera-soglia


Nel linguaggio della tua teoria, questo momento è una barriera-soglia: un punto critico dove l’oscillazione tra intenzione e abbandono si sospende o si trasforma qualitativamente. È un passaggio in cui non si tratta più di scegliere un polo, ma di trascenderli entrambi in un movimento che non è né volontario né passivo, ma che emerge spontaneamente, come effetto sincronico dell’equilibrio tra le forze opposte.


Esempio simbolico: l’arciere zen


Il classico esempio del Kyudo (il tiro con l’arco zen giapponese) è illuminante: il maestro insegna a non mirare, a non colpire, a non voler ottenere il centro — e solo quando l’azione accade da sé, senza soggetto né oggetto, la freccia colpisce il bersaglio. È in quel momento che si realizza l’unione degli opposti: intenzione e abbandono coincidono.


In termini cognitivi e dinamici


Potremmo dire che il vero lasciar andare non è un’azione, ma un collasso dell’oscillazione — come lo stato quantico che cessa di vibrare tra le possibilità per collassare in un’unità. Ciò accade quando l’energia dell’intenzione si esaurisce naturalmente, non per scelta ma per necessità interna del sistema.



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Se vuoi, potremmo modellare questa relazione con un grafico dell’oscillazione tra “intenzione” e “abbandono”, includendo la zona paradossale in cui il sistema rischia di bloccarsi, e la soglia trascendente dove emerge un nuovo stato (come un “terzo incluso”). Vuoi che lo elabori visivamente?

 

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