Ci
riteniamo reali perché abbiamo un corpo e un carattere definibile. “Io sono
colui che ha questo corpo e questa mente. Anzi, io sono questo corpo e questa mente/io”. Perché in realtà non abbiamo
potuto scegliere. Belli o brutti, stupidi o intelligenti, dobbiamo accettare
tutto, e se ci è andata male, se abbiamo qualche handicap o difetto, ce li
dobbiamo tenere, senza sapere chi ringraziare o incolpare. Forse, qualche
volta, abbiamo detto ai nostri genitori o a Dio: “Potevate lasciarmi là dove
ero!”
Ma
la verità è che non possiamo farci nulla. Dobbiamo tenerci ciò che ci è
capitato di essere. E solo la morte ci farà non essere o non essere in un certo
modo.
Sì,
qualche volta sogniamo di essere qualcun altro, qualcuno che invidiamo. Ma non
possiamo non essere ciò che siamo, se non in minima parte.
La
retorica di essere migliori o diversi rimane una semplice illusione, un sogno.
Se
dunque le cose ci vanno male e se soffriamo, vorremmo non essere lì e così,
vorremmo che le cose fossero diverse… Ma non possiamo. Il Tutto ci ha voluto lì
e così, e noi non sappiamo che fare per cambiare.
Insomma
siamo condannati ad essere ciò che siamo.
Parlo
di “condanna” perché non ci è mai stato chiesto nulla, nessun consenso. Dunque
siamo costretti. Dunque partiamo col piede sbagliato.
Qualcuno
dice che la vita è un dono. Ma anche questo è un fatto coercitivo. Un dono dev’essere
preso così com’è. E se non ci piace? Possiamo buttarlo via o darlo a un altro?
Nel
caso della vita, non possiamo. Dobbiamo tenercelo, che ci piaccia o no.
Quando
perciò qualcuno ci dice che dovremo anche essere giudicati per come abbiamo
gestito questo dono, io dico che è assurdo.
Siamo
noi che dovremmo giudicare. E chiedere eventualmente un risarcimento.
Già,
ma questo presuppone un Giudice supremo. E se non ci fosse nessun Dio?
A
chi chiediamo il risarcimento? Al Tutto?
La
nostra situazione è difficile.
I
più non si chiedono nulla e accettano tutto. Fanno buon viso anche a cattivo
gioco. Sono veramente eroici o stupidi. Non sanno accampare i loro diritti. O
forse non sanno con chi protestare. Nessuno li ascolta.
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