giovedì 10 settembre 2015

La trasmissione dell'identità

Per noi occidentali è praticamente impossibile accettare letteralmente le idee orientali sulla reincarnazione. L’ipotesi che ci sia un’anima che si reincarna da una vita all’altra, in assenza di prove, rimane puramente teorica.
Perfino il buddhismo accetta questa idea, ma lo fa con contrarietà. Il problema del buddhista, infatti, non è rinascere da una vita all’altra, ma smettere completamente di rinascere e liberarsi definitivamente. Verso che cosa? Nessuno può rispondere razionalmente. Il Buddha diceva che questo stato di nirvana, di estinzione, non era un nulla, ma pur sempre qualcosa. Comunque qualcosa che non è concepibile ora con questa nostra mente.
Ritorniamo quindi nel campo delle teorie.
Noi siamo ben ancorati al nostro io attuale, e siamo convinti che non rinasceremo. Tutt’al più crediamo vagamente ad un’altra vita, che si fonderebbe comunque sulla conservazione del senso dell’identità. Viviamo e lottiamo con questo nostro io e abbiamo una chiara sensazione di avere un’identità, bella o brutta che sia.
Siamo convinti che, anche in caso di reincarnazione, il fatto di non ricordarci le identità precedenti, invalidi ogni utilità, ogni credibilità.
Qualcosa però possiamo accettare. È evidente che qualcuno ci ha dato la vita: sono i nostri antenati, che indubbiamente ci hanno trasmesso qualcosa, non solo un patrimonio genetico, ma anche un insieme di doti psicologiche e intellettuali. Sappiamo di non essere nati dal nulla, ma da una catena ininterrotta di predecessori. Loro ci hanno consegnato l’io e noi a nostra volta lo trasmetteremo ai nostri successori. Ma l’io, di per sé, non sarà più lo stesso; sarà un altro, pur in una certa continuità. Sarà un individuo unico.
Resta la constatazione che siamo tutti imparentati, che siamo tutti variazioni di un sé che sembra avere una stessa origine. Quello che dunque è importante non è il fatto di essere o non essere reincarnazioni di qualcuno (in un certo senso lo siamo e non lo siamo), ma come riusciremo a raccogliere il testimone, a rielaborarlo, a migliorarlo e a trasmetterlo ad altri o ad un altro noi stesso. Ciò che conta è cosa facciamo ora e qui, in questo presente.

Tutto il resto è materia di riflessioni, di illazioni, di sensazioni, di fedi.

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