giovedì 5 febbraio 2015

La coscienza lacerata

La coscienza è in realtà la controparte del Dio-Uno, in cui tutto è indifferenziato, dove non c’è distinzione fra giorno e notte, bene e male, guerra e pace, giusto e ingiusto, vita e morte, ecc. È con la differenziazione dell’Uno e l’emergere della coscienza che nasce la distinzione e quindi la lacerazione.
La coscienza resta sempre lacerata e quindi sofferente. Questo è il destino dell’uomo e la sua gloria.
L’uomo porta sulle sue spalle il peso della coscienza, e il suo sacrificio consiste nel sopportarne il dolore.
L’Uno resta l’indistinto, l’indifferenziato, che tende in ogni momento a riportare tutto a sé. Eliminando le differenze.
L’uomo è l’onda consapevole del mare dell’evoluzione. Egli tenta di placare la Voragine-che-tutto-inghiotte offrendole sacrifici. Ma può solo dilazionare – perché alla fine sarà sacrificato.
Anche nel mito cristiano del Figlio divino troviamo il riconoscimento che “farsi uomo”, che staccarsi dal Padre-Uno, che differenziarsi, porta con sé una grande dose di sofferenza, inevitabile d’altronde in un atto di distacco, di abbandono, di differenziazione. La sofferenza, la passione, il patire, non può non accompagnare chi cerca la propria autorealizzazione, chi cerca di uscire dal guscio protettivo ma soffocante del Padre, chi cerca la via dell’individuazione, per staccarsi dall’indifferenza e dall’indifferenziato, dall’indistinto, dall’anonimo, chi cerca la propria autonomia.

Il destino dell’uomo è dunque la dolorosa lacerazione, che prosegue comunque il disegno dell’evoluzione.

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