martedì 7 ottobre 2014

Omicidi bianchi

Quando ci si sottomette totalmente e acriticamente ad un leader, ad una figura carismatica, ad un maestro o ad una fede, rinunciando alla propria coscienza, alla propria autonomia, al proprio senso critico ed ai propri bisogni affettivi ed emotivi, si compie un omicidio di cui non si occuperanno le cronache ma che è uno dei più gravi e dei più comuni – si uccide se stessi.
Magari lo farete per un nobile proposito, magari vi metterete al servizio della carità e degli altri (come certe suore). Ma commetterete il peggior reato: non realizzerete voi stessi, le vostre potenzialità.
Ecco perché certi esempi di santi o di leader religiosi che si sono negletti, trascurati, ripudiati e sacrificati (anche per fini altruistici) sono i più nocivi modelli di una vita sbagliata.
Dobbiamo prima realizzare noi stessi per capire che siamo tutti non-divisi, che siamo tutti interconnessi – e quindi per superare il nostro piccolo egocentrismo e per parlare di amore. Perché è certo che ci si può sacrificare anche per narcisismo o per odio verso parti di se stessi.

Ma, se non otteniamo prima questa realizzazione del sé, e se ci mutiliamo, non potremo cogliere l’unità del tutto. Un sé mutilato non può fare ovviamente nessuna esperienza della totalità. In lui rimarrà sempre una parte separata e negata. In lui rimarrà sempre la divisione dell’avversione. 

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