mercoledì 1 ottobre 2014

La danza della vita

Quando pratichiamo la meditazione, formale o personale - o anche solo quando viviamo -, dobbiamo sempre ricordare che non possiamo scegliere una parte sola, un estremo, una polarità di una coppia, ma dobbiamo farle convivere entrambe.
Non c’è socialità senza isolamento. Non c’è integrazione senza separazione. Non c’è apertura senza chiusura. Non c’è coraggio senza paura. Non c’è partecipazione senza evitamento. Non c'è distacco senza attaccamento. Non c’è liberazione senza confini.
Dovremo quindi oscillare da una parte all’altra, dovremo appoggiarci prima su un piede e poi su un altro. Non potremo vivere su un piede solo. Quando il buddhismo ci invita a scegliere una “via di mezzo” tra austerità ed edonismo, conferma questa tendenza mobile dell’animo umano.
Il mondo è ambivalente e dialettico. La mente e il cuore sono dualistici. Non possiamo vivere immobili e immutabili. Sarebbe un’esistenza unilaterale e sostanzialmente povera. Dobbiamo fare del nostro meglio per stare in equilibrio, per barcamenarci. Ma, quando siamo su una barca, non possiamo non ballare… la danza della vita.

La meditazione può contemplare gli opposti, può osservarli, comprenderli ed abbracciarli. Niente è inaccettabile per il testimone. Niente gli è estraneo. 

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