venerdì 10 ottobre 2014

L'Opera di Roma


La vicenda dell’Opera di Roma è la metafora della situazione italiana, dove tutti tirano troppo la corda e vogliono mille privilegi, dove nessuno recede, dove si perde ogni ragionevolezza, dove ognuno è contro tutti gli altri e dove una burocrazia ottusa la fa da padrone. Alla fine si manda in malora ogni cosa.
Federico Fellini aveva rappresentato tutto questo nel film Prova d’orchestra (1979), a dimostrazione che i guai degli italiani sono colpa degli… italiani.  Come finisce il film? Un’enorme palla da demolizione distrugge un muro della sala, le prove riprendono e il direttore finisce col parlare in… tedesco (!).
Mai opera fu tanto profetica.
Il fatto è che Fellini conosceva gli italiani e sapeva  che si tratta di un popolo allo sbando alla ricerca di un “Signore” che li comandi.
Che cosa deve fare questo Signore? Deve dare spettacolo di sé. Con la sua corte, i suoi amici, i suoi nemici, le sue donne, i suoi scandali, le sue cerimonie, i suoi intrighi, i suoi discorsi… un po’ come i Signori del Quattro-Cinquecento o i Papi. E, soprattutto, non deve cambiare niente, perché gli italiani sono il popolo più conservatore d’Europa.
Nessuno di questi Signori ha mai fatto nulla di significativo, anche perché il vero potere ce l’hanno gli stranieri. Negli ultimi cinquecento anni, l’Italia è sempre stata governata direttamente o indirettamente dalle altre nazioni europee ed ora anche dagli americani. Di fronte alle nostre divisioni, di fronte alle nostre fazioni, ai nostri partiti (tutti grandi rivoluzionari, tutti grandi riformatori utopisti) gli altri Stati decidono per noi, e noi seguiamo come cani fedeli. Il Signore locale è solo il gabelliere che deve spremere gli italioti, facendo credere che lo fa per il loro bene.

Ma agli italiani va bene così. In fondo sono loro che hanno capito per primi che la politica non è che spettacolo.

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