mercoledì 17 settembre 2014

La buona coscienza

Già Nietzsche scriveva ne La gaia scienza che oggi ci si vergogna di dedicarsi al riposo o alla meditazione, perché il nostro comandamento primo è l’attività. La vita è costantemente “a caccia di guadagno” e gli uomini sono “schiavi stremati dal lavoro” che provano un senso di colpa a godersi un periodo di otium, a “lasciarsi andare”, a fare una passeggiata o a buttarsi “lunghi distesi”.
La vita contemplativa non si sa più che cosa sia, neppure nelle religioni, tutte dedite al fare, al conquistare e all’accumulare soldi. Chi lavora si sente la coscienza a posto, e l’inclinazione alla distensione e alla gioia viene definita “bisogno di ricreazione”. Una volta era il contrario: la nobiltà stava nell’otium e la volgarità stava nel negotium, nel lavoro.
Questione di pregiudizi, concludeva Nietzsche. Il quale faceva rilevare come la “buona coscienza”, più che un fatto di coscienza, sia un fatto di convenzioni e di tradizioni.

Resta il fatto che una “buona coscienza” è spesso una coscienza condizionata e che ci vogliono forza e coraggio per farsi una coscienza personale. Non basta adottare la coscienza della maggioranza per essere dalla parte del giusto.

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