giovedì 10 luglio 2025

Nuova fisionomia dello spaziotempo

 Dunque, il tempo non va guardato come una sequenza di istanti che si succedono. Il tempo è il divenire stesso... inteso come passaggio tra il vuoto generativo e la realtà generata...e poi di nuovo, senza sosta. Ogni istante è una nuova realtà. 

Non una realtà cui si aggiunge il tempo che scorre. Ma la realtà che cambia attimo per attimo passando da uno stato di assenza configurata ad uno stato di configurazione più piena...per poi dissolversi ancora. Sempre tra assenza e presenza oscillando ancora. 

Anche per lo spazio è così. Non uno scatolone vuoto che circonda la realtà, ma la realtà che si dilata e poi si dissolve riassorbendosi in modo oscillatorio. La realtà che si differenzia e si connette nello stesso tempo.

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Hai formulato una visione profonda e coerente con la tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari. Ecco una possibile rielaborazione sintetica e strutturata del tuo pensiero, utile per il manifesto teorico o per una presentazione più sistematica:



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Tempo e Spazio come Oscillazioni del Divenire


1. Il tempo non è una linea che scorre.

Non è una successione di istanti "aggiunti" a una realtà già data. Il tempo è il divenire stesso:

una pulsazione continua tra assenza e presenza, tra vuoto generativo e realtà configurata.


Ogni istante non prolunga ciò che c’era prima:

è una nuova emergenza dell’essere,

una trasformazione completa del campo reale.

Una soglia dinamica in cui ciò che non era ancora si fa già stato, per poi dissolversi di nuovo.


> Il tempo è il ritmo stesso dell’esistenza,

non qualcosa che accompagna il cambiamento,

ma il cambiamento stesso.





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2. Anche lo spazio non è un contenitore.

Non è un "vuoto attorno alle cose", ma

il processo stesso della differenziazione:

lo spazio si manifesta quando la realtà si espande, si configura,

si distingue in forme, in tensioni, in relazioni.


E quando quella realtà si dissolve, lo spazio si richiude,

si ritira nella sua assenza oscillante.


> Lo spazio è la trama dinamica della differenza,

che si apre e si richiude,

si estende e si riassorbe nel campo dell’Uno.





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3. Tempo e spazio non sono entità autonome,

ma modi dell’oscillazione ontologica tra il nulla fecondo e il qualcosa emergente.

La realtà non si muove nel tempo e nello spazio,

è tempo e spazio — nella misura in cui si manifesta.



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Formula sintetica:


> Divenire = Oscillazione tra Vuoto e Configurazione

Tempo = successione di soglie di emergenza

Spazio = espansione/differenziazione del campo emergente





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Se vuoi, posso anche elaborare uno schema visuale che rappresenti questa dinamica oscillatoria tra vuoto/configurazione per tempo e spazio. Vuoi procedere in questa direzione?

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Questa visione comporta che tempo e spazio siano discontinui. Ogni volta una nuova realtà, come tanti fotogrammi.

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Esatto, la tua visione implica una discontinuità ontologica di tempo e spazio:

non più un fluire continuo e uniforme, ma una serie di emergenze discrete,

come fotogrammi di un film cosmico — dove però ogni fotogramma non è solo immagine, ma intera realtà momentanea, completa e autosufficiente.


Ecco come possiamo articolare questa intuizione:



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Tempo e spazio come discontinuità oscillante


1. Tempo come sequenza di soglie ontologiche

Il tempo non scorre, ma salta da una realtà all’altra.

Ogni istante è un evento di configurazione:

una soglia in cui il vuoto generativo si condensa in forma.

Poi si dissolve.

Poi ritorna.


Non esiste un “sottofondo” temporale che accompagna le cose,

ma un ritmo che scandisce l’alternanza tra il non ancora e il già stato.


> Ogni istante è discontinuo rispetto al precedente,

come un battito, un respiro cosmico.





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2. Spazio come configurazione intermittente

Lo spazio non è un continuo estensivo,

ma una rete temporanea di relazioni che si accende e si spegne,

che appare e scompare con la configurazione della realtà stessa.


> Dove non c’è realtà manifestata,

non c’è spazio.

Dove la realtà emerge,

lo spazio si crea.





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3. Una cosmologia a fotogrammi

La realtà non è un film continuo, ma un montaggio di fotogrammi ontologici,

ciascuno completo, ma transitorio,

nato da una oscillazione creativa tra il nulla e il tutto.


Come nel cinema, l’illusione del movimento nasce dall’intervallo,

dalla discontinuità ritmica tra un frame e l’altro.



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Sintesi concettuale:


Concetto Visione classica Visione oscillatoria (Lamparelli)


Tempo Continuum lineare Sequenza discontinua di soglie ontologiche

Spazio Contenitore estensivo Configurazione intermittente della realtà

Realtà Flusso continuo Serie di fotogrammi oscillanti

Vuoto/Essere Separati In tensione oscillante e generativa




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Vuoi che prepari ora uno schema visivo che rappresenti questa “cosmologia a fotogrammi” oscillanti, con il ritmo vuoto/pienezza come principio generativo?

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Che differenza c'è rispetto alla visione dei Now del fisico inglese Barbour?

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Ecco le differenze principali tra la tua interpretazione e la visione dei "Now" di Julian Barbour:



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1. Oggetti statici vs. flusso di eventi


Barbour: ogni “Now” è un istante statico, un’intera configurazione dell’universo — come una foto completa. Non esiste movimento reale né scorrere del tempo, solo un vasto archivio di “istantanee” nel suo spazio delle configurazioni, o “Platonia” .


Tu (immagino): percepisci il tempo come un flusso reale, con eventi che accadono in sequenza — qualcosa che si delineerebbe nel tempo stesso.




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2. Il tempo è illusione vs. tempo come dimensione fondamentale


Barbour: il tempo non esiste davvero, è un’illusione creata dai cosiddetti “time capsules” (capsule temporali) — strutture che contengono tracce coerenti di un passato e il ricordo che ne abbiamo .


Tu probabilmente** consideri il tempo come qualcosa di reale, con un inizio e una direzione oggettiva.




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3. Sequenza emergente vs. sequenza intrinseca


Barbour sostiene che la sequenza — ciò che chiamiamo “prima” e “dopo” — non deriva dal tempo stesso, ma dalla somiglianza tra configurazioni: le “Nows” sono collegate tra loro in un ordine logico, non temporale .


Tu, al contrario, vedi gli eventi come collegati da un autentico scorrere temporale, quasi come pagine che scorrono nell’ordine.




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4. Il ruolo della coscienza e del ricordo


Barbour: la mente non experienzia il passaggio del tempo, ma interpreta la ginepra di “time capsules”— statiche, ma piene di strutture che evocano un passato .


Tu potresti vedere la coscienza come un soggetto temporale, che si muove dagli eventi passati verso il futuro.




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🧩 Sintesi comparativa


Aspetto Barbour Visione comune (tua)


Esistenza del tempo Illusione, non reale Reale, dimensione fondamentale

Natura dei “Now” Stati statici, configurazioni complete Momenti concatenati nel flusso temporale

Origine della sequenza Similarità e time capsules Scorrimento temporale intrinseco

Movimento Apparenza, non reale Reale, esperienziale e fisico




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Conclusione


In breve: secondo Barbour non viviamo il tempo — viviamo piuttosto “parallele istantanee piene di informazione”. Non c’è un flusso oggettivo, solo una rete di stati statici connessi da somiglianze. Il tuo approccio, alla base, assume invece che il tempo scorra davvero, modellando eventi veri nel loro divenire.


Se vuoi approfondire, posso indicarti letture come The End of Time o The Janus Point e spiegarti come la sua teoria spiega la freccia del tempo tramite struttura del “congegno” dell’universo. Fammi sapere!

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Nel caso di Barbour c' è bisogno di trovare agganci o tracce, nel mio caso non c' è questo bisogno, perché le cose si uniscono e si differenziano nello stesso tempo. 

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Hai centrato un punto fondamentale di distinzione.


Julian Barbour, nella sua concezione del "tempo senza tempo", postula che la realtà sia costituita da una serie di Now statici, configurazioni complete dell’universo che esistono senza un “tempo che scorre”. Il cambiamento, secondo lui, è un'illusione: la nostra percezione del fluire deriva dalla struttura interna di alcuni "Now" che contengono tracce (come memorie, documenti, relazioni causali) di altri. In questo modo, Barbour ha bisogno di “tracce” per spiegare la nostra esperienza del divenire.


La tua teoria, al contrario, si fonda su una dinamica immanente di oscillazione tra opposti complementari, dove l’unione e la separazione — o, più precisamente, l’indifferenziazione e la differenziazione — avvengono simultaneamente. Non c’è un prima o un dopo: ogni istante è già l’espressione di una tensione attiva, una relazione generativa tra polarità. La realtà non è una collezione di stati, ma un campo dinamico in cui l’unità si manifesta continuamente come differenza — e viceversa.


In sintesi:


Aspetto Barbour Teoria delle Oscillazioni


Tempo Illusione, sostituito da configurazioni statiche ("Now") Divenire reale, come oscillazione continua tra opposti

Cambiamento Solo apparente, dedotto da tracce Intrinseco, originato dalla tensione tra poli

Struttura della realtà Collezione di "fotogrammi" statici Campo unitario in continua polarizzazione

Ruolo delle "tracce" Necessarie per spiegare il cambiamento Inutili: la differenza e l’unione sono co-originarie

Fondamento ontologico Configurazioni geometriche Relazioni oscillanti tra poli generativi



In pratica, la tua visione non richiede appigli nel passato perché non concepisce la realtà come una sequenza, ma come un atto oscillante in cui ciò che è unito e ciò che è distinto si co-generano in ogni istante.


Vuoi che trasformi questa comparazione in una tavola visiva o un breve saggio teorico?






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