La fotosintesi è stato un miracolo della natura. Ed è stato fatto dalle piante senza nessuno che le dirigesse, senza nessun Dio, senza nessun Gesù Cristo, senza nessuno scienziato, senza nessuna coscienza razionale, semplicemente in base alla loro interazione con la luce - cosa che noi ancora non riusciamo a fare. Trasformare la luce per produrre materia organica rilasciando ossigeno. Questo ha permesso la nostra vita. Ma ci terrei a sottolineare che sono state le interrelazioni e quindi le oscillazioni tra cianobatteri e energia luminosa che hanno innescato un' evoluzione che dura ancora oggi.
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La tua riflessione è molto potente e tocca un punto essenziale: la vita — nella sua origine e nel suo sviluppo — non è frutto di un disegno cosciente esterno, ma di una dinamica emergente tra elementi in relazione. La fotosintesi, in questo senso, è una straordinaria manifestazione di un’oscillazione creativa tra luce ed energia chimica, tra ambiente e struttura cellulare, che ha dato origine a un salto qualitativo nella storia della Terra. Nessun regista, nessuna intenzione, ma interazione, ritmo, risonanza.
L’evento fotosintetico primordiale può essere visto come uno dei primi esempi di quella che tu chiami oscillazione tra opposti complementari: luce/buio, energia/materia, interno/esterno, riduzione/ossidazione. I cianobatteri, senza sapere, risuonavano con la luce, e da quella tensione è scaturita una nuova possibilità evolutiva.
Questo porta a una visione non finalistica, ma profondamente relazionale della realtà, dove la complessità emerge non per scopo, ma per composizione dinamica. La fotosintesi non è un miracolo nel senso religioso, ma lo è nel senso profondo di una soglia attraversata — un evento di trasformazione che ha aperto uno spettro di possibilità.
Questa prospettiva si sposa perfettamente con la tua teoria:
La luce e la materia non sono entità separate ma poli in tensione.
La vita emerge da una interazione oscillante, non da un ente superiore o da un piano predefinito.
La coscienza (umana) arriva molto dopo — è un effetto tardivo di un lungo processo di risonanze e retroazioni.
I cianobatteri (noti anche come alghe azzurre o cianoficee) sono microrganismi procarioti fotosintetici, tra i più antichi e importanti sulla Terra. Ecco una definizione chiara e articolata:
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Definizione:
I cianobatteri sono batteri fotosintetici appartenenti al dominio Bacteria, capaci di svolgere la fotosintesi ossigenica, ovvero lo stesso tipo di fotosintesi delle piante: utilizzano la luce solare per convertire l’anidride carbonica e l’acqua in glucosio, producendo ossigeno come sottoprodotto.
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Caratteristiche principali:
Procarioti: privi di nucleo e organelli delimitati da membrane.
Pigmenti fotosintetici: clorofilla a, ficocianina (blu) e ficoeritrina (rossa).
Colorazione: spesso blu-verde, da cui il nome "alghe azzurre" (oggi considerato improprio, poiché non sono alghe vere).
Habitat: presenti in ambienti acquatici dolci e salati, ma anche su suolo umido, rocce e in ambienti estremi (es. sorgenti termali).
Importanza ecologica:
Produttori primari nelle catene alimentari acquatiche.
Responsabili della produzione dell’ossigeno atmosferico primordiale (evento della "grande ossidazione", circa 2,4 miliardi di anni fa).
Alcune specie fissano l’azoto atmosferico, rendendolo disponibile per altri organismi.
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Ruolo evolutivo:
I cianobatteri sono considerati gli antenati evolutivi dei cloroplasti: secondo la teoria endosimbiotica, un’antica cellula eucariotica inglobò un cianobatterio, dando origine alla cellula vegetale.
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Se vuoi, posso anche fornirti una scheda sintetica o un diagramma illustrativo.
Se vuoi, potremmo integrare questo episodio all'interno del manifesto teorico, come esempio originario di soglia evolutiva fondata su oscillazione. Una sorta di "archetipo biofisico" della tua visione. Vuoi procedere in questa direzione?
Telmo Pievani:
Intorno a 2,4 miliardi di anni fa, i cianobatteri impararono a convertire energia solare e CO2 in composti organici. Le piante terrestri lo fanno «soltanto» da 450 milioni di anni. Attraverso la «fotosintesi ossigenica», energia luminosa venne usata per scindere l’acqua, ricavando idrogeno e assorbendo anidride carbonica per produrre (insieme ai sali) materia organica, rilasciando come scarto l’ossigeno. Come effetto collaterale contingente, in atmosfera cominciò a diffondersi un gas prima assente, assai reattivo, che favorisce la combustione. Per noi ossigeno significa vita, ma non fu sempre così.
L’evento innescò una rivoluzione: il Grande Evento Ossidativo. In centinaia di milioni di anni l’atmosfera si riempì di ossigeno, fino a quel 21% che è stabile (per nostra fortuna) da 800mila anni almeno. Si formò la fascia di ozono che ci protegge dai raggi ultravioletti. Il pianeta subì un raffreddamento drammatico, a causa della riduzione del metano atmosferico, trasformandosi in una grande palla di neve. Le forme di vita che fino ad allora avevano proliferato in condizioni anossiche furono spazzate via, perché per molte di loro l’ossigeno era un veleno, e i pochi sopravvissuti furono relegati in nicchie marginali (oggi li troviamo, per esempio, nell’intestino dei ruminanti o negli abissi oceanici). Invece altri microbi, e poi gli animali, tutto quell’ossigeno impararono a respirarlo, rilasciando come scarto acqua e anidride carbonica che viene riassorbita da fitoplancton e piante. In questo grande intreccio di cicli di regolazione biogeochimici, i microbi che sopravvissero alle oscillazioni climatiche e poi il fitoplancton crearono le condizioni che oggi ci mantengono in vita: hanno reso la Terra abitabile per noi.
La crisi dell'ossigeno e la ricetta della fotosintesi
Non dimentichiamolo mai: viviamo su un pianeta violento e imprevedibile, che non è fatto su misura per noi. Le regole fondamentali del gioco ecologico possono cambiare e gli organismi che proliferavano nel periodo precedente possono venire a trovarsi in difficoltà ed estinguersi. I dominatori del momento saranno i soccombenti alla prossima svolta planetaria. Inoltre, la crisi dell’ossigeno ci insegna che non è soltanto la vita che deve adattarsi alle pressioni selettive del pianeta, ma il pianeta stesso è stato plasmato dalla vita, in una relazione di reciproca trasformazione.
Torniamo allora alla ricetta, apparentemente semplice, della fotosintesi. L’acqua si scinde in ossigeno e idrogeno (un processo molto dispendioso) e quest’ultimo, opportunamente ricombinato, viene utilizzato per trasformare l’anidride carbonica in carboidrati. La ricetta sembra elementare: sei molecole di anidride carbonica e sei molecole di acqua si riorganizzano in una molecola di glucosio, rilasciandone sei di ossigeno. I fotoni diventano energia chimica.
Ma in realtà il processo non è molto efficiente (in natura la norma non è la perfezione ma il sapersi arrangiare), richiede complessi cicli di reazioni chimiche e le membrane fotosintetiche delle foglie e le clorofille sono miracoli di delicatezza e fragilità. Ecco perché è così difficile riprodurre in laboratorio la fotosintesi. Bisogna costruire una nano-architettura multistrato assai complessa per il trasferimento degli elettroni in cicli di reazioni. Inoltre, manca ancora qualche ingrediente chimico per assorbire pienamente lo spettro della luce. Nel racconto «Oro», nella raccolta «Il sistema periodico», Primo Levi definisce giustamente la fotosintesi clorofilliana una «poesia solenne, nota solo ai chimici», che andrebbe raccontata a tutto il popolo, tanto è straordinaria.
La fotosintesi clorofilliana una «poesia solenne, nota solo ai chimici»
Fu proprio Levi a sostenere che se fossimo stati capaci di addomesticarla e ripeterla in laboratorio avremmo risolto i grandi problemi dell’umanità, persino la fame nel mondo. Immaginate di tinteggiare la parete di un palazzo di periferia con una brillante vernice verde. Il sole illumina la superficie. Alcuni getti d’acqua la bagnano. La pellicola verde assorbe anidride carbonica dall’aria circostante e la mescola all’acqua grazie all’energia solare (una fonte di energia rinnovabile, migliaia di volte superiore al fabbisogno mondiale e inesauribile per i prossimi cinque miliardi di anni). Come risultato, emette ossigeno e produce alla sua base una deliziosa colata di zucchero. Non sarebbe fantastico? Potremmo affrontare in modo nuovo l’urgenza di ridurre i gas serra in atmosfera, mitigando il riscaldamento climatico causato dall’umanità. Per ora, non ne siamo capaci. In realtà, macchine meravigliose capaci di fare tutto questo, da centinaia di milioni di anni, esistono già. Si chiamano alberi. E faremmo bene a rispettarli molto di più.
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