martedì 25 ottobre 2016

La meditazione sulla realtà della morte

Di fronte al distacco irreparabile – alla morte – gli uomini cercano una consolazione o comunque una qualche continuità. In sostanza negano la realtà della morte.
Se per esempio muore un bambino, si dice che sarà diventato un angelo. Se muoiono entrambi i genitori, si immagina che si ritroveranno uniti in cielo. Se muore una persona cara, si spera di rivederla un giorno. E così si immaginano paradisi, purgatori, inferni, resurrezioni, assunzioni e reincarnazioni… un gran traffico di anime.
È umano, è naturale, ma si tratta pur sempre di proiezioni o di speranze.
Ora, per un attimo, lasciamo perdere ogni fantasia. E pensiamo alla morte come alla vera fine della vita, almeno così come la conosciamo.
Il cervello si ferma e la mente si dissolve. Si dissolvono le sensazioni, i pensieri e la coscienza. Che cosa rimane?
Non eludiamo ancora una volta la domanda. Non pensiamo ad una coscienza che possa sopravvivere alla morte del corpo.
Restiamo fermi lì. Questa è la morte.
Realizziamo la fine, senza illusioni, senza attenuanti, senza consolazioni. Ma anche senza paura.
Sperimentiamo la realtà.

Sperimentiamo la fine della mente.

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