sabato 23 luglio 2016

L'interrogativo di fondo

Finché siamo sospinti da ormoni e istinti vari, troviamo un senso nella vita o, perlomeno, non ci mettiamo a cercarlo.
Ma quando questi impulsi vengono meno – per l’età, per le delusioni, per malattie, per disadattamento o per altri motivi – ci poniamo la domanda: “Che senso ha tutto questo rumore, tutto questo ordine sociale, tutta questa violenza?” Allora incominciano i guai: la depressione, la paura, l’odio sociale o qualche fede che non faccia pensare.
L’esperienza dolorosa che facciamo smaschera l’illusione che la vita sia un’esperienza bella, facile, utile, positiva, ordinata.
“Legge e ordine” ce li inventiamo noi. Nella realtà non esistono. Questa è la scoperta che si fa.
In meditazione ci si pone il problema del senso, ma si sa benissimo che questo senso non c’è. La risposta dunque alla domanda esistenziale non sta in qualche senso razionale, ma saltando su un altro livello di comprensione.
Come si fa?
Porre l’interrogativo, trovare la calma e smettere di impiegare le solite categorie di senso, Dio, anima, aldiqua-aldilà, premio-punizione, bene-male, meta, scopo e così via.
Fare una cura di quiete.
Alla domanda della mente si risponde con un diverso atteggiamento dell’essere.



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