giovedì 20 luglio 2017

Imparare a respirare

Se si adotta il respiro come metodo per entrare in meditazione (e per non fare della meditazione una pratica astratta, solo filosofica), dobbiamo capire che dobbiamo passare dlla respirazione normale a quella meditativa.
Abbiamo detto che calmare la respirazione è un sistema per acquietare l’intero complesso psico-fisico. Ma, prima di calmarla, è bene approfondirla e prolungarla, in modo da sbloccare il petto e i polmoni che di solito lavorano meccanicamente, poco e male.
Noi crediamo che per allungare il respiro si debba espandere l’addome e il torace, in modo da riempirli il più possibile d’aria. Ma la fisiologia ci insegna che, quando si allarga il torace, l’addome si contrae. Osserviamo bene.
Nella respirazione normale, quando si espandono i polmoni e il torace, cioè quando si inspira, in realtà il diaframma si abbassa e spinge in fuori la pancia; quando si espira, il diaframma si alza e la pancia si abbassa.
Nella respirazione meditativa, noi allunghiamo le inspirazioni e soprattutto le espirazioni, in modo da ottenere movimenti di sblocco di tutto l’apparato respiratorio. Possiamo tener presente soprattutto la zona pancia-addome: prima contraiamo la pancia e poi la espandiamo, come se si trattasse di un mantice.
La pancia, l’addome e il diaframma sono il nostro motore e il nostro indicatore.
Continuiamo così per tre o quattro volte, e poi riprendiamo la respirazione normale, osservando se si è allungata e approfondita. E, soprattutto, se la mente-respiro si è calmata.
È da questa sensazione di sollievo e di rilassamento (dalle tensioni abituali) che possiamo proseguire la nostra meditazione.

In ogni caso, anche senza raggiungere risultati strabilianti, staremo meglio. Perché avremo imparato a liberare il respiro.

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