“Che scopo
ha la vita?” ci domandiamo. E questa domanda presuppone che tutto abbia uno
scopo, che ogni cosa debba avere uno scopo.
E invece
la vita non ha scopo. Cioè, non ha uno scopo oltre a se stessa. Lo scopo della
vita è… la vita, è vivere. Non c’è un altro scopo.
Questa
domanda fa il paio con l’altra: “Qual è il motore primo?” O, se preferite:
“Qual è la sua causa? Chi l’ha creata?” Il che presuppone che tutto abbia una
causa, che ogni cosa debba essere creata.
E invece
la vita non ha una causa, non è creata da niente e nessuno.
Il
problema è che diamo abituati a pensare che tutto abbia uno scopo, che tutto
abbia una causa, che tutto sia creato.
Da qui l’idea
che ci sia un Dio creatore.
Ma è un’idea
nata dall’abitudine e dalla pigrizia. Ovvero dai limiti del pensiero. Che deve
pensare in termini di scopo o causa. Altrimenti
si sente perduto.
Ma esiste
un pensiero, ossia una condizione di mente che è in grado di pensare i limiti del
pensiero. E, quindi, più che un pensiero, è un’intuizione, una consapevolezza.
Potremmo
chiamarla un non-pensiero. Ma è uno stato cui si arriva dopo aver pensato tutte
le possibilità… e averle scartate.
È un tipo
di pensiero che trascende il pensiero abituale, che è una specie di pensiero
infantile.
Dunque,
usciamo dall’infanzia e allarghiamo la mente. Al non-pensiero, all’aldilà del
pensiero, al pensiero trascendente.
Pensiamo a
una cosa che non abbia scopo, causa, finalità. Quella noi siamo.
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