Il
problema è che noi vorremmo comprendere con la mente razionale e con
l’esperienza quotidiana ciò che non segue né le leggi della nostra razionalità
né i principi dell’esperienza. Non per nulla, con la morte, muore anche la
mente conosciuta. L’illimitato, l’infinito, l’eterno non può essere definito o
circoscritto dalla mente abituale. E questo è già un dato di fatto.
Il nostro
mondo è compreso dalla mente ordinante e calcolante che ha una certa razionalità
ed è immersa nel tempo. Ma la verità ultima non è più comprensibile da questi
strumenti. È al di fuori: per questo la definiamo trascendente.
Se
vogliamo sapere che cosa succederà dopo la morte, dobbiamo far morire la mente.
Altrimenti sarà tutto una proiezione, un’interpretazione della mente stessa,
dunque non la verità ultima.
La mente
dovrebbe essere quieta e silenziosa, non più dominata dal desiderio sensuale e
conoscitivo, nonché dal senso dell’io e del mio. Ma la mente, anche quando
vuole conoscere la verità ultima, traduce tutto nel suo linguaggio, non sta mai
ferma.
Perciò,
quel che conosciamo è sempre una categoria della mente: dei, Iddii, paradisi/inferni,
aldilà, reincarnazione, nulla, tutto, finito/infinito, principio/fine, io/altri,
perfino il concetto di verità… tutte idee che ci lasciano dubbiosi e insoddisfatti,
consapevoli che quella non è la verità ultima.
Ogni volta
che ce ne rendiamo conto, siamo già un poco più vicini alla verità-realtà.
Dunque,
una teologia negativa per ora: sappiamo ciò che non è, non ciò che è. Almeno
finché non cessi l’attività della mente, del suo continuo desiderio, dell’io.
La conoscenza-liberazione
arriverà, e allora sapremo. Ma non ci sarà più la mente abituale.
Anche con L anestesista chimica la mente si ferma ,ma non è quello che fa al nostro caso. Forse con un po' di abbandono ci avviciniamo a ciò che è. Grazie infinite per i suoi scritti . Io sono semi analfabeta chiedo scusa per il disturbo.
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