Ho visto
un film dove si faceva passare la guarigione di un bambino annegato in un
miracolo e se ne faceva propaganda religiosa : basta aver fede e pregare perché
la vita risorga. Per questa mentalità infantile, Dio sarebbe un potente Padre
amorevole che, sollecitato dalla fede di molti, farebbe miracoli e farebbe
guarire un bambino già morto. Niente di meno. Peccato che subito dopo il
telegiornale desse notizie di attentati e guerre in cui i bambini e gli adulti
morivano in gran quantità, senza nessun miracolo.
Dunque
Dio, per la mentalità religiosa, è un Essere che salva un bambino, ma ne lascia
morire migliaia di altri. Per tutti gli altri non ci sono miracoli, ci sono
non-miracoli.
Lo stesso può
dirsi per Gesù o per altri uomini santi. Salvano qualcuno. Ma lasciano morire
tutti gli altri.
Suprema
ingiustizia o suprema trascuratezza? Lazzaro sarà anche risorto. Ma poi sarà
dovuto ri-morire.
Ora,
secondo voi, ci sono più miracoli o non-miracoli?
La mente
umana è fatta così. Molto semplice. Non si avvede della sua stessa ingenuità e
sogna sempre Dei, miracoli, Padri e Madri divine, Spiriti Santi e spera nelle
preghiere e nelle invocazioni. Recentemente hanno scoperto in Toscana, in una
fonte “sacra” 24 statuette votive. Lì si pregava e ci si immergeva nelle acque
miracolose, come oggi si fa a Lourdes o un tempo si faceva nei santuari greci o
orientali.
Cambiano i
tempi, ma si fanno sempre le stesse cose… le stesse illusioni. Siamo così
disperati che dobbiamo invocare divinità cui diamo nomi differenti nel corso
dei secoli o millenni.
La mente
umana vorrebbe sperimentare il trascendente, l’inconoscibile, ma segue sempre
certe linee. Si basa sul passato, su ciò che ha accumulato. E quindi non può
conoscere il nuovo. Non può conoscere l’incondizionato. Ne ha anche paura.
In tal
senso il pensiero è il problema. Non possiamo pensare l’impensabile.
Quindi
rimaniamo nei limiti del vecchio e delle sue categorie. Anche nel caso della
religione.
Invece l’unica
religione dovrebbe essere aprirsi all’incondizionato, al trascendente. Non
immaginarci un Dio fatto a nostra immagine e somiglianza, un personaggetto da
commedia, che interviene per aiutare qualcuno e basta.
Dio è la
forza del mondo ed è dappertutto. È la vita, ma anche la morte.
In un
poema sumero, anteriore alle visioni antropomorfe della Bibbia, Gilgamesh, un
eroico re, accusa chiaramente gli dei, che hanno per se stessi l’immortalità,
ma che hanno riservato la morte agli esseri umani.
Ma la
morte serve proprio a questo, a creare il nuovo, a chiudere con il passato, ad
avere una nuova mente e una nuova vita.
La morte è
una liberazione, la vera liberazione. E può essere una gioia.
Perciò, tutti coloro che operano per
conservare a tutti i costi la vita, questa vita, non sanno quel che fanno.
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