martedì 8 novembre 2022

L'autostima

 

3. L’AUTOSTIMA

 

“È un grande errore credersi più di ciò che si è e stimarsi meno di ciò che si vale”

                                                                                                          Goethe

 

Niente più dell’autostima ci fa vedere come l’equilibrio sia il perno della saggezza e il fondamento della serenità. Se infatti usciamo da un certo rapporto instabile tra eccessiva stima e troppo disprezzo di noi stessi, finiamo per cadere, da una parte, nel narcisismo e, all’altro estremo, nello sconforto e nella nevrosi. Detto altrimenti, se abbiamo un’eccessiva stima di noi stessi e delle nostre capacità, ci sentiamo invincibili e diventiamo imprudenti; e, se abbiamo poca stima, soffriamo di un complesso d’inferiorità e ci sentiamo sfortunati e tristi. In entrambi i casi sbagliamo.

 

“L’uomo che ha perduto la stima di se stesso, non è più buono a niente di grande né di magnanimo”

                                   Giacomo Leopardi

 

            Potremmo dire che l’autostima è la consapevolezza serena di essere adeguati alla vita, uno stato di auto-approvazione realistica – uno stato che non svanisce quando sbagliamo qualcosa. D’altra parte, come diceva nell’Ottocento Aristide Gabelli, “il credersi da molto è la prima delle condizioni per diventare da qualche cosa.” Infatti, quando qualche avvenimento o qualche critica ci fanno perdere la stima di noi stessi, la ferita può essere destabilizzante.

           

            “Un uomo che ha piegato se stesso, non può raddrizzare gli altri”

                                               Mencio

 

            Trotskij diceva che gli uomini che hanno poca stima degli altri, non ne hanno molta nemmeno di se stessi.  Da una parte, però, ci sono individui che, per ragioni psicologiche (magari per nascondere complessi di inferiorità) diventano superbi e si credono superiori a tutti. E, dall’altra parte, ci sono persone che ritengono di valere ben poco. A questi ultimi si rivolgeva Cechov quando scriveva nei Taccuini: “Valutati di più, ci penseranno gli altri ad abbassare il prezzo.”

            Come sempre, si tratta di una questione di equilibrio. Tra autostima e disistima il confine può essere sottile. Ed è molto difficile stabilire a che punto si debba porre la giusta via di mezzo, lo stato d’equilibrio. Forse, l’unico modo per scoprirlo è impegnarsi concretamente nelle cose… proprio per valutare le proprie capacità. Infatti, come diceva Publilio Siro, “nessuno conosce le proprie possibilità finché non le mette in pratica.”

            Certo, è difficile valutare se stessi, ma bisogna pur arrivare a dire: in questo sono capace e in quello valgo poco. Perché, in effetti, le valutazioni generiche sulle nostre capacità sono insufficienti e imprecise. Tutti abbiamo punti deboli e cose in cui riusciamo meglio. L’importante è arrivare a fare un bilancio complessivo, mettendo i pregi in una colonna e i difetti in un’altra. Non c’è altro modo di fare una valutazione il più possibile obiettiva.

 

“Chi si vanta non ha valore”

                        Lao-tzu

 

            Anche i giudizi degli altri sono utili, ma possono essere inficiati da mille motivazioni e sono soggettivi come le valutazioni che diamo di noi stessi. Tutti proiettano negli altri i propri pregiudizi e le proprie preferenze. Lichtenberg diceva: “Sono sicuro che non solo ci si ama negli altri, ma anche ci si odia”. In altre parole, amiamo e odiamo negli altri ciò che amiamo e odiamo in noi stessi, e viceversa.

 

“Verissimo che la reputazione comincia da noi medesimi, e che quello che vuole essere stimato bisogna che sia il primo a stimarsi”

                                   Galileo Galilei

 

            Molto dipende dal rapporto che abbiamo stabilito con noi stessi, se ci siamo amici o nemici. Diceva a questo proposito Seneca: “Mi chiedi quale sia stato il mio progresso? Sono diventato amico di me stesso”. Sì, perché nessuno può odiarci e criticarci più di noi stessi, e nessuno può aiutarci od ostacolarci più di noi stessi. Se non ci vogliamo bene, se ci disprezziamo, non saremo nemmeno in grado di amare il prossimo. Si domandava Erasmo da Rotterdam: “Può voler bene agli altri chi non vuole bene a se stesso?”.

            Può darsi che l’auto-denigrazione ci sia stata instillata da un cattivo rapporto con i nostri genitori i quali, a forza di critiche, hanno distrutto il nostro senso di autostima. O può darsi che sia avvenuto un passato qualche avvenimento che ci ha fatto perdere la fiducia nelle nostre capacità. Comunque sia, dobbiamo essere così consapevoli da capire che il giudizio che diamo di noi stessi deve essere rimesso in equilibrio.

 

Qual è la massima esperienza che possiate vivere? È l’ora del disprezzo. L’ora in cui vi prende anche lo schifo per la vostra felicità e così pure per la vostra ragione e per la vostra virtù”

                        Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra

 

            D’altra parte, non c’è niente di più sgradevole di un individuo che ha un’eccessiva stima di sé, anche perché di solito è una persona che disprezza gli altri. Come diceva Montesquieu, “non stupisce che si provi tanta antipatia per le persone che hanno troppa considerazione di sé: non c'è grande differenza tra lo stimare molto se stessi e il disprezzare molto gli altri.”

            Ma l’autostima non deve dipendere dal giudizio altrui; se lo è, diventa dipendenza. Ognuno deve arrivare ad avere una valutazione autonoma di se stesso: siamo noi che dobbiamo essere consapevoli del nostro valore. L’autostima deve essere la fiducia equilibrata che abbiamo in noi stessi e nelle nostre capacità – fiducia che nasce dalla conoscenza.

 

“Il mio prossimo sono io stesso”

                        Terenzio

 

            Ci vuole dunque senso della misura. Dobbiamo arrivare a studiarci e conoscerci, con i pregi e con i difetti che abbiamo; dobbiamo arrivare a valutarci e a giudicarci così come valuteremmo e giudicheremmo un altro.

 

“Per l’uomo, il soggetto più appropriato di studio è l’uomo”

Alexander Pope

 

 

 

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