3. L’AUTOSTIMA
“È un grande errore credersi più
di ciò che si è e stimarsi meno di ciò che si vale”
Goethe
Niente
più dell’autostima ci fa vedere come l’equilibrio sia il perno della saggezza e
il fondamento della serenità. Se infatti usciamo da un certo rapporto instabile
tra eccessiva stima e troppo disprezzo di noi stessi, finiamo per cadere, da
una parte, nel narcisismo e, all’altro estremo, nello sconforto e nella nevrosi.
Detto altrimenti, se abbiamo un’eccessiva stima di noi stessi e delle nostre
capacità, ci sentiamo invincibili e diventiamo imprudenti; e, se abbiamo poca
stima, soffriamo di un complesso d’inferiorità e ci sentiamo sfortunati e
tristi. In entrambi i casi sbagliamo.
“L’uomo che ha perduto la stima
di se stesso, non è più buono a niente di grande né di magnanimo”
Giacomo
Leopardi
Potremmo dire che l’autostima è la
consapevolezza serena di essere adeguati alla vita, uno stato di
auto-approvazione realistica – uno stato che non svanisce quando sbagliamo
qualcosa. D’altra parte, come diceva nell’Ottocento Aristide Gabelli, “il
credersi da molto è la prima delle condizioni per diventare da qualche cosa.” Infatti,
quando qualche avvenimento o qualche critica ci fanno perdere la stima di noi
stessi, la ferita può essere destabilizzante.
“Un
uomo che ha piegato se stesso, non può raddrizzare gli altri”
Mencio
Trotskij diceva che gli uomini che
hanno poca stima degli altri, non ne hanno molta nemmeno di se stessi. Da una parte, però, ci sono individui che,
per ragioni psicologiche (magari per nascondere complessi di inferiorità)
diventano superbi e si credono superiori a tutti. E, dall’altra parte, ci sono
persone che ritengono di valere ben poco. A questi ultimi si rivolgeva Cechov
quando scriveva nei Taccuini:
“Valutati di più, ci penseranno gli altri ad abbassare il prezzo.”
Come sempre, si tratta di una
questione di equilibrio. Tra autostima e disistima il confine può essere
sottile. Ed è molto difficile stabilire a che punto si debba porre la giusta
via di mezzo, lo stato d’equilibrio. Forse, l’unico modo per scoprirlo è
impegnarsi concretamente nelle cose… proprio per valutare le proprie capacità.
Infatti, come diceva Publilio Siro, “nessuno conosce le proprie possibilità
finché non le mette in pratica.”
Certo, è difficile valutare se
stessi, ma bisogna pur arrivare a dire: in questo sono capace e in quello valgo
poco. Perché, in effetti, le valutazioni generiche sulle nostre capacità sono
insufficienti e imprecise. Tutti abbiamo punti deboli e cose in cui riusciamo
meglio. L’importante è arrivare a fare un bilancio complessivo, mettendo i
pregi in una colonna e i difetti in un’altra. Non c’è altro modo di fare una
valutazione il più possibile obiettiva.
“Chi si vanta non ha valore”
Lao-tzu
Anche i giudizi degli altri sono
utili, ma possono essere inficiati da mille motivazioni e sono soggettivi come
le valutazioni che diamo di noi stessi. Tutti proiettano negli altri i propri
pregiudizi e le proprie preferenze. Lichtenberg diceva: “Sono sicuro che non
solo ci si ama negli altri, ma anche ci si odia”. In altre parole, amiamo e
odiamo negli altri ciò che amiamo e odiamo in noi stessi, e viceversa.
“Verissimo che la reputazione
comincia da noi medesimi, e che quello che vuole essere stimato bisogna che sia
il primo a stimarsi”
Galileo
Galilei
Molto dipende dal rapporto che
abbiamo stabilito con noi stessi, se ci siamo amici o nemici. Diceva a questo
proposito Seneca: “Mi chiedi quale sia stato il mio progresso? Sono diventato
amico di me stesso”. Sì, perché nessuno può odiarci e criticarci più di noi
stessi, e nessuno può aiutarci od ostacolarci più di noi stessi. Se non ci
vogliamo bene, se ci disprezziamo, non saremo nemmeno in grado di amare il
prossimo. Si domandava Erasmo da Rotterdam: “Può voler bene agli altri chi non
vuole bene a se stesso?”.
Può darsi che l’auto-denigrazione ci
sia stata instillata da un cattivo rapporto con i nostri genitori i quali, a
forza di critiche, hanno distrutto il nostro senso di autostima. O può darsi
che sia avvenuto un passato qualche avvenimento che ci ha fatto perdere la
fiducia nelle nostre capacità. Comunque sia, dobbiamo essere così consapevoli
da capire che il giudizio che diamo di noi stessi deve essere rimesso in
equilibrio.
“Qual è la massima esperienza che possiate
vivere? È l’ora del disprezzo. L’ora in cui vi prende anche lo schifo per la
vostra felicità e così pure per la vostra ragione e per la vostra virtù”
Friedrich
Nietzsche, Così
parlò Zarathustra
D’altra parte, non c’è niente di più
sgradevole di un individuo che ha un’eccessiva stima di sé, anche perché di
solito è una persona che disprezza gli altri. Come diceva Montesquieu, “non
stupisce che si provi tanta antipatia per le persone che hanno troppa
considerazione di sé: non c'è grande differenza tra lo stimare molto se stessi
e il disprezzare molto gli altri.”
Ma l’autostima non deve dipendere
dal giudizio altrui; se lo è, diventa dipendenza. Ognuno deve arrivare ad avere
una valutazione autonoma di se stesso: siamo noi che dobbiamo essere
consapevoli del nostro valore. L’autostima deve essere la fiducia equilibrata
che abbiamo in noi stessi e nelle nostre capacità – fiducia che nasce dalla
conoscenza.
“Il mio prossimo sono io stesso”
Terenzio
Ci
vuole dunque senso della misura. Dobbiamo arrivare a studiarci e conoscerci,
con i pregi e con i difetti che abbiamo; dobbiamo arrivare a valutarci e a
giudicarci così come valuteremmo e giudicheremmo un altro.
“Per l’uomo, il soggetto più
appropriato di studio è l’uomo”
Alexander Pope
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