Quando
ci chiediamo se esista un’anima, che ovviamente dovrebbe essere immortale, in
realtà ci chiediamo quale sia la nostra vera natura. Perché anche di questa non
siamo sicuri – a dimostrazione che la nostra condizione di esseri coscienti è
davvero paradossale. Intuiamo qualcosa ma non siamo certi di niente. Questo
nostro principio sarebbe di natura spirituale e dovrebbe sopravvivere alla
morte, trasferendosi o su un altro piano di esistenza o in questo stesso mondo.
Comunque
sia, notiamo in modo incontrovertibile che il suo soggiorno su questa Terra è
fuggevole, effimero, mutevole, spesso sofferente – e tuttavia necessario.
Infatti
da questo soggiorno l’anima farebbe un’esperienza che evidentemente non
potrebbe compiere in nessun altro modo. Allora questo principio immortale
sarebbe vuoto e sarebbe, senza la vita terrena, inutile, un fantasma.
L’anima
non sarebbe dunque qualcosa formato in partenza, ma qualcosa da formare di vita
in vita. Avrebbe bisogno di crescere e non sarebbe per niente autonoma.
Il
nostro scopo nella vita sarebbe dunque quello di far crescere questa anima,
che, senza l’esperienza, avvizzirebbe subito. In tal senso l’anima non ci viene
data in partenza, ma deve essere costruita a poco a poco.
Nonostante
l’apparenza non siamo per niente tutti uguali. Ognuno ha un proprio livello di
sviluppo, che del resto è ben visibile dalle differenze di pensiero, di
consapevolezza e di azione.
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