Da tempo immemorabile si prende il respiro come oggetto di
meditazione. Ho detto "oggetto", ma in realtà può essere considerato
il soggetto. Siamo noi che respiriamo o è il respiro che respira noi?
Gli oggetti di meditazione sono numerosi, potenzialmente infiniti.
Ogni atto della vita, ogni processo, ogni stato mentale, ogni cosa può essere
presa come oggetto di meditazione. Ma nessuno ha le caratteristiche del
respiro. Innanzitutto il respiro è autonomo; che lo vogliamo o no, dobbiamo
respirare; e quando cessa il respiro, siamo morti. E poi il respiro muta
continuamente, in base alle circostanze e ai nostri stati d'animo. Noi siamo il
nostro respiro; il nostro respiro è la nostra carta d'identità. Nello stesso
tempo, pur essendo autonomo, possiamo entro certi limiti influenzarlo: possiamo
fare un respiro più profondo o più veloce del normale.
Se osserviamo la respirazione, notiamo che cambia. Se siamo
agitati, diventa più veloce e irregolare; se siamo tranquilli, diventa calmo e
regolare. Può essere più o meno lento. Può essere più o meno profondo. Può essere
più o meno pesante o leggero. Può essere più o meno contratto o rilassato. Noi
possiamo osservarlo in ogni momento della vita, e capire dal suo stato il
nostro stato. Inoltre è sempre con noi, ci accompagna per tutta l'esistenza,
dal primo vagito all'ultimo respiro. Ecco perché lo prendiamo come oggetto
ideale di meditazione.
Per non perdere la concentrazione, i respiri possono essere
contati ("uno, due, tre, quattro..." contando o l'inspirazione o
l'espirazione o ogni coppia di inspirazione-espirazione) oppure si può ripetere
mentalmente: "dentro (per l'inspirazione), fuori (per l'espirazione),
dentro, fuori...”
Quando meditiamo, possiamo semplicemente osservarlo, essere
attenti alla sua qualità del momento. In genere si raccomanda di non
influenzarlo, ma il fatto di osservarlo lo cambia impercettibilmente. Quindi
possiamo ogni tanto, quando perdiamo la concentrazione, respirare più a fondo,
fare qualche respiro più ampio e più lungo.
Stando seduti o comunque fermi, il respiro si calmerà. E questo ci
darà una grande quiete, che ci sarà utile a diventare sempre più calmi, in
meditazione e nella vita. Ma anche quando non siamo seduto e a meditare,
possiamo osservarlo. Proviamo a farlo quando saliamo le scale o quando facciamo
uno sforzo, oppure quando siamo arrabbiati o tesi. In questi casi, il fatto di
osservarlo ci riporterà ad uno stato di calma o comunque di consapevolezza.
Ecco il punto.
Osservando il respiro, diventiamo più consapevoli di noi stessi, della
situazione in cui ci troviamo in quel momento. E facciamo realmente qualcosa,
un'operazione mentale, per modificare a nostro vantaggio la condizione di
partenza. Questo è uno dei pregi della meditazione fondata sul respiro.
Comunque ci si può anche
svincolare da questo tipo di meditazione elementare e passare a esercizi più
astratti e più potenti. Per esempio, ci si può chiedere come mai un pezzo di
materia specializzata, il nostro cervello, possa arrivare ad essere
auto-consapevole.
La domanda non deve
essere pensata come un esercizio di riflessione,
ma deve diventare un tentativo di cogliere concretamente questo stato di
consapevolezza. È la consapevolezza che cerca di svincolarsi dalla materia (il
cervello) e dalla mente per “vedere” se stessa.
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