venerdì 30 ottobre 2020

Il sogno del vivere e del morire

 


Qualche volta abbiamo la netta impressione che il tempo sia un contenitore nel quale siamo inseriti e che ci trascina con sé. In realtà gli eventi che ricordiamo sono solo una pellicola mentale che si svolge e proietta certe immagini. Ma non si tratta di un film proiettato da chissà chi, magari da qualche divinità. Siamo noi che ci facciamo questo film e che crediamo di aver “vissuto” quegli eventi in passato.

Il nostro corpo, la nostra identità fanno parte di un sogno girato dalla nostra coscienza. E questo ci dà l’impressione dello scorrere del tempo. Ma è la pellicola che scorre nella nostra mente.

Un giorno lo spettacolo di luci e di ombre si ferma e finisce il sogno di chi credeva di nascere e di morire, di andare e di venire.

Noi siamo terrorizzati da questa prospettiva della fine del tempo. Ma è la coscienza, che dopo averci creato il mondo, si ferma. Allora, se abbiamo meditato in modo giusto, c’è la liberazione - la liberazione dal sogno di essere nato, di aver vissuto e di essere morto, la liberazione di essere stato un individuo.

Questo era il film-sogno. Svegliandoci, se avremo meditato in modo giusto, ci rendiamo conto che non eravamo un piccolo io con una coscienza limitata, ma che siamo il tutto.

Tutt’altra prospettiva da quella delle religioni affamate di vita individuale che, non avendo capito nulla, ci promettono un’altra vita dopo la morte. Come dire: un sogno dopo l’altro, un’illusione dopo l’altra.

 

lunedì 26 ottobre 2020

La via del saggio

 

Imparare ad essere distaccati, a prendere le distanze non solo da un mondo pieno di illusioni, di follie e di impulsi distruttivi, ma sopratutto da sé - dal proprio corpo, dal proprio carattere e dal proprio senso di essere. Vedersi come ci vedrebbe un altro. Guardare le vicende che ci capitano come una tragicommedia inconsistente, ma capace di farci soffrire.

Ripeterci ogni mattina e ogni sera che non siamo ciò che vediamo, ma colui che è testimone di tutto questo, anche di sé.

Questo sarebbe l’ideale del saggio.

Certo è una lotta continua contro un mondo che ci reclama prepotentemente, che vuole coinvolgerci, che pretende le nostre energie, il nostro impegno e la nostra attenzione. Ma qual è l’alternativa?

La vita è breve e non vale la pena sprecarla inseguendo sogni e miraggi. Stare attaccati alla realtà, che non è questa prodotta dalla nostra mente, ma quella che osserva le nostre contorsioni.

 

domenica 25 ottobre 2020

Viveka

 

Viveka è un termine sanscrito che significa discernimento ed è considerato una funzione basilare per accedere alla verità-realtà. Che cosa bisogna discernere? In sostanza il vero dal falso, il reale dall’irreale, il perdurante dal transitorio.

Noi viviamo nella dimensione dell’effimero, dell’illusorio e del temporale. Ma chi ne è consapevole, chi esercita viveka, insomma il testimone, non ne può far parte. Il fatto è che tutto ciò che conosciamo nel nostro mondo è una costruzione legata alla mente e al tempo.

La nostra vera identità non può dunque essere quella che ci appare come un oggetto di conoscenza, ma è colui o ciò che conosce. Non il conosciuto, ma il conoscente. Il testimone, che è al di là dell’inizio e della fine. Un minuscolo puntino di coscienza che la la capacità di osservare il mondo senza farne parte.

Viveka è perciò capacità di distacco.

Non si tratta comunque di avere una fede. Si tratta di sperimentarlo, di esserlo, qui e ora. Senza questa esperienza, non possiamo essere sicuri di niente.

Ricordiamoci non appena possibile nelle nostre giornate infernali che non siamo né il corpo né la mente. E neppure la coscienza abituale. Siamo la coscienza di tutto questo.

 

sabato 24 ottobre 2020

La forza della vita

 

Se vi domandate come mai il coronavirus sia così aggressivo nei nostri confronti e se non sia un mostro, tranquillizzatevi: fa esattamente quel che fa qualunque essere vivente - noi compresi: si riproduce e vuole vivere. Non fa nient’altro che questo. È la forza della vita, di qualunque vita.

Ma perché uccide così tanti esseri viventi? Perché tutti gli esseri viventi lo fanno - e lo fanno a scapito degli altri esseri viventi, vegetali o animali. Questa è la violenza della natura. E se qualcuno ha creato un simile meccanismo infernale, il responsabile è lui.

Noi facciamo la stessa cosa nei confronti degli altri esseri viventi, uccidendoli per nutrirci e per moltiplicarci. E non abbiamo un limite; non a caso stiamo distruggendo l’ambiente in cui viviamo.

Si tratta della forza che è stata impressa all’universo (nato non a caso da un’esplosione terrifica) e a tutti i suoi componenti. Una forza feroce che non guarda in faccia nessuno. L’altra faccia del “crescete e moltiplicatevi” è “uccidete, uccidete, uccidete” non importa chi. L’importante è riprodursi.

In questa guerra continua, c’è chi perde e c’è chi vince. Ma non vi illudete - alla fine saremo uccisi tutti.

 

giovedì 22 ottobre 2020

Verso l'invisibile

 

Per noi, è reale ed esistente solo ciò che ha una forma e quindi è visibile. Eppure la materia è costituita da atomi e da elettroni che non sono visibili ad occhio nudo ma che danno forma a tutto ciò che è visibile. Pensiamo che in un centimetro potrebbe stare un miliardo di atomi.

Questo significa che è l’invisibile a dare forma a tutto ciò che è visibile. D’altra parte la mente e la coscienza non hanno alcuna forma, sono invisibili, eppure modellano e rendono comprensibile tutto ciò che esiste.

Se vogliamo andare al fondo delle cose dobbiamo comprendere questa logica e dobbiamo imparare a pensare la nostra natura ultima o prima come senza forma. Dimentichiamoci per un po’ del nostro corpo e restiamo con la coscienza senza forma che è alla base di tutto il mondo visibile. Questo è il metodo della meditazione.

Noi crediamo che le cose senza forma non possano esistere. Invece è il contrario. Sono le cose che riteniamo esistenti che hanno una consistenza effimera, fantasmatica e transitoria; sono consistenti come un sogno. Nascono e muoiono.

Ciò che invece sta alla loro base, il senza forma, la “sostanza” di tutto, non nasce e non muore, non ha inizio e non ha fine; è sempre lì.

Ecco perché in meditazione cerchiamo di svuotare la mente da percezioni, sensazioni, immagini e pensieri. Vogliamo reintegrarci nell’origine senza forma, che ha una notevole caratteristica - è senza tempo.

 

martedì 20 ottobre 2020

Il gioco dei contrari

 

Se tutti siamo alla ricerca della felicità, se si moltiplicano i libri, gli articoli, gli studi e i convegni su questo argomento, vuol dire tutti sentiamo il morso dell’infelicità. Questa è una constatazione esperienziale e logica.

Ora, è inutile andare alla ricerca dei motivi dell’infelicità, dell’insoddisfazione o della sensazione di mancanza. È evidente che dal momento che nasce il senso di essere, nasce un mondo ambivalente e altalenante - ciò che noi chiamiamo dualismo. Nasce la coppia felicità-infelicità, come migliaia di altre altre coppie contrapposte: piacere-dolore, bene-male, vita-morte, ecc.

Questa è la struttura dell’essere e noi non possiamo cambiarla. Non possiamo sceglierci quello che ci piace ed evitare quello che non ci piace. Possiamo tutt’al più contenere i danni, ma anche questo entro certi limiti. Non possiamo certo fermare l’invecchiamento, le malattie, i fallimenti, i lutti, le perdite, gli errori, i tradimenti e la morte.

Tutto va e viene. Quando sentiamo l’esperienza dell’infelicità, cerchiamo l’esperienza della felicità. Ma poi questa non dura a lungo e ci accorgiamo che spesso non dipende dalla nostra buona volontà né dai nostri sforzi.

Le situazioni mutano, che lo vogliamo o no, e noi non possiamo fermare il tempo quando le cose ci vanno bene. Prima o poi cambieranno e noi ci troveremo di nuovo a desiderare la felicità perduta.

Se davvero vogliamo uscire da questa situazione dialettica di incertezza, dobbiamo cercare una soluzione radicale: dobbiamo uscire dalle coppie di opposti e familiarizzarci con il testimone di tutto questo, che osserva senza farsi coinvolgere. Chi osserva questo scenario, sa che si tratta di un gioco inconsistente e ripetitivo.

Ma colui che testimonia è imperturbabile, è al di là, e non ha bisogno di cercare nessuna felicità.

 

lunedì 19 ottobre 2020

L'illusione della coscienza

 

Se non avessimo la coscienza, non sapremmo neppure di esistere. Dunque, questa è la funzione più importante degli esseri umani, sulla quale dobbiamo meditare. Ma, se meditiamo, se scaviamo oltre l’apparenza, scopriamo che tutto ciò che crea la coscienza è un’inconsistente illusione che dura ben poco.

La coscienza crea come un enorme castello di carte, che con un soffio può essere spazzato via in ogni momento.

Ecco perché il processo di illuminazione consiste, alla fine, in una liberazione dalla coscienza. Liberandoci dall’illusione, ritorniamo alla realtà che c’era prima e che ci sarà sempre.

 

venerdì 16 ottobre 2020

Il testimone di tutto

 

Evidentemente siamo molto affezionati al nostro corpo. Se dovessimo dire chi siamo, risponderemmo senza esitazioni che siamo la persona che ha quel corpo. La nostra individualità dipende da quel corpo e dal cervello che gli è collegato.

Ma qui sorge un problema. Mentre è facile individuare il nostro corpo, è più difficile identificare la nostra mente, la nostra psiche, che è quanto mai variabile e dai confini imprecisi.

A dir la verirà, anche il corpo si modifica di continuo. Se guardiamo una foto di quando ervamo bambini, riusciamo a stento a riconoscere che siamo gli stessi di allora - molto è cambiato, sia a livello del corpo sia a livello della psiche. Dunque la nostra identità è incerta. Non solo: è destinata a scomparire.

Dobbiamo perciò ammettere che, se ci esaminiamo bene, sappiamo solo superficialmente e all’ingrosso chi siamo. Siamo quelli lì... e un giorno non troppo lontano moriremo e svaniremo.

Ma qui ci viene in aiuto un’osservazione: colui che dice tutto questo non si identifica né con il corpo né con la mente. È piuttosto una specie di testimone che osserva distaccato entrambi.

L’incertezza esistenziale e l’angoscia ci vengono proprio da questo testimone. Che però, inaspettatamente, è anche un’àncora di salvezza.

Se ci identifichiamo con questo testimone più che con il corpo-mente, abbiamo la possibilità di distaccarci e di posizionarci in un altrove diverso da quello fisico e da quello psichico. C’è in noi una presenza che è altra rispetto al corpo e alla mente. Proprio l’incertezza e l’angoscia ce lo confermano. Noi siamo quel corpo-mente, ma siamo anche altro.

La cultura della meditazione ci dice che dobbiamo addestrarci a identificarci più con questo testimone che con il resto della nostra individualità, sempre compromessa, confusa e dai confini incerti.

Questo testimone che per il momento è individuale, è in realtà la coscienza unica che ha dato vita al mondo, ma che non si identifica con esso. C’era prima e ci sarà dopo.

 

 

 

 

mercoledì 14 ottobre 2020

Chi siamo

 

Nessuno conosce a fondo se stesso, anche perché ciò che conosciamo è solo un’apparenza inconsistente e cangiante, e tutti apprendiamo a conoscerci lentamente, con il tempo. Anzi, il processo di conoscenza dura tutta la vita, fino agli ultimi giorni.

Se siete giovani, potete immaginare come vi sentirete e chi sarete quando sarete vecchi?

Quando nasciamo, non sappiamo chi siamo e siamo a stento distinti dalla madre. Poi, a poco a poco impariamo a conoscerci e la nostra immagine si sviluppa giorno dopo giorno. All’inizio ci viene imposta dai genitori e dalle persone che ci allevano. In tal senso, è più un condizionamento, per liberarci dal quale dovremo lottare tutta la vita.

Poiché le nostre esperienze si moltiplicano e si diversificano e noi cambiamo continuamente, anche l’immagine che abbiamo di noi stessi cambia.

Conoscere se stessi è sia un processo di scoperta sia un processo di creazione. Se avessimo più vite, alla fine non ci ricorderemmo come eravamo all’inizio.

In ogni caso non possiamo avere una conoscenza “oggettiva” perché noi siamo coloro che conoscono, i soggetti. Non possiamo quindi essere sicuri di ciò che conosciamo. In sostanza, non possiamo sapere “chi” conosce.

Il conoscente, colui che conosce, non è certamente l’immagine che abbiamo di noi stessi. Il conoscente non può essere conosciuto dalla mente umana, con tutte le sue categorie e le sue contrapposizioni. Esso è al di là delle divisioni. Possiamo solo dire ciò che non è, non ciò che è. Ma “quello” noi siamo alla fine, qualcosa di inafferrabile dai sensi e dai concetti.

Questa impossibilità, questa barriera, ci dice che il conoscente ultimo o primo è un testimone al di là della mente, della coscienza e dell’io empirico. Con lui usciamo dalla realtà fisica ed entriamo nella realtà metafisica. Ma questo imponderabile soggetto è esattamente ciò che siamo.

 

lunedì 12 ottobre 2020

Realtà e irrealtà

 

Noi siamo convinti che la realtà sia il nostro corpo, la nostra mente, la nostra individualità e naturalmente le cose che ci circondano. Tutto ciò che ricade sotto i nostri sensi è reale.

Ma esiste un altro criterio per capire che cosa sia veramente reale. Le cose effimere, che vanno e che vengono, che non hanno stabilità e che prima compaiono e poi scompaiono per sempre non possono che essere irreali, illusorie, evanescenti come sogni.

Le cose reali, veramente reali, non possono essere effimere. E l’esistenza umana è breve, transitoria. È paradossale allora che il mondo sia considerato qualcosa di reale. La realtà non può avere un’esistenza temporanea, soggetta al tempo.

La realtà dovrebbe essere ciò che sta al di fuori e prima del tempo, che non è qualcosa di oggettivo, ma qualcosa legato alla nostra mente; non è qualcosa che possa avere un inizio e una fine, ma qualcosa che esiste sempre.

Ci troviamo dunque all’interno di un sogno, di una proiezione illusoria. Ma noi aspiriamo ad altro. Non neghiamo di aspirare all’eternità. Questo è il nostro più grande desiderio.

È con tale convinzione che dobbiamo rivedere il nostro concetto di morte. Non come la fine di tutto o la rinascita in qualche altro mondo. Ma come l’ingresso nella realtà.

 

sabato 10 ottobre 2020

Il potere del sonno

 

Qualcuno si vanta di dormire poco. Ma non è un vantaggio. In realtà, tutti si stancano e hanno bisogno di dormire. È una questione fisiologica, psicologica e spirituale.

Stare svegli e svolgere tutte le attività dello stato di veglia, compreso l’essere coscienti, è un grosso sforzo. Vivere stanca. E l’unico modo per riposarsi e riprendersi è il sonno, uno stato in cui non a caso ci si dimentica di tutto e non si è più coscienti nemmeno di se stessi.

Questo dimostra che dimenticarsi di sé e del mondo è l’unica vera ricarica.

Esistono due tipi di risveglio: risvegliarsi dai sogni della notte e risvegliarsi dai sogni dell’esistenza quotidiana. E, quando ci si risveglia, ci si sente riposati e nuovi.

Ed ecco il perché del sonno notturno e di quell’altro sonno che chiamiamo morte.

Anche la morte ve vista come una ricarica dalle fatiche della vita.

 

venerdì 9 ottobre 2020

Il peccato originale

 

C’è sempre qualcosa di negativo nei miti sulla creazione, c’è sempre qualcosa che va storto, c’è sempre una “caduta”, un peccato originale.  È come se gli uomini si rendessero conto inconsciamente che la venuta al mondo non è tutta rose e fiori, che c’è un prezzo salato da pagare.

Il fatto è che la venuta dell’essere spacca l’unità originale, dove non c’erano problemi, e pone in essere anche il non-essere. Insomma la venuta dell’essere è di per sé un disastro nella struttura originaria.

Perché al mondo ci sono tante malattie? Perché ci dev’essere sempre il gioco vita-morte, bene-male, inizio-fine, crescita-decrescita, ecc.

Prima evidentemente non c’erano né essere né non essere, né vita né morte, né inizio né fine, ecc. È la creazione che mette al mondo la divisione, la spaccatura, insomma il dualismo, inerente del resto a ogni processo di evoluzione.

All’origine c’era l’insieme, poi è venuta la divisione, la lotta, il contrasto, la guerra per la sopravvivenza, lo sfacelo.

Perché ci sia vita, ci devono essere guerra e morte – è la logica del male. Tutti devono scontrarsi e uccidere gli altri per vivere. È evidente: ecco perché in ogni mito, c’è una caduta.

Dentro di noi, in fondo, ce ne rendiamo conto. C’è una parte di noi che si ricorda con nostalgia dell’origine in cui non c’erano né affanni né problemi. È il testimone che, nonostante ogni allettamento, se ne sta distaccato. È in attesa del ritorno nella tranquillità.

mercoledì 7 ottobre 2020

La pubblicità della vita

 

Quando si espone una visione del mondo che getta ombre sul valore della vita, è quasi istintivo rifiutarla: sembra contro natura. E lo è. La vita difende se stessa, vuole se stessa e non ammette che qualcuno la metta in dubbio. Anzi, diffonde negli esseri viventi amore per se stessa.

Non c’è religione che non sia favorevole alla vita, considerandola il bene primario e promettendone addirittura un’altra dopo la morte. E non c’è organismo vivente che non voglia riprodursi. È un vero e proprio istinto, inscritto in ogni cellula.

Ma arriva il guastafeste: la consapevolezza che mette in crisi questo quadro idilliaco e il vantaggio di venire al mondo.

La vita ama la vita, dona un notevole piacere nelle faccende della fecondazione e della riproduzione e sostiene la convinzione che vivere sia piacevole, quasi un pranzo di nozze del tutto gratis. Ma non è vero. Già nella Bibbia troviamo la maledizione del presunto creatore: “Uomo, tu lavorerai con il sudore della fronte; donna, tu partorirai con dolore”. Ed arriva anche la constatazione buddhista che l’esistenza sia comunque uno stato di insoddisfazione e di sofferenza.

Sotto ogni pubblicità c’è sempre un inganno: ciò che compri deve essere pagato a un prezzo più o meno caro e ciò che ottieni non è mai corrispondente alle promesse.

Con ciò dobbiamo dire di no alla vita? No, ma guardarla con distacco, capire il trucco, i limiti e i difetti e, soprattutto, non riprodurci a casaccio. Chi mette al mondo la vita mette al mondo la morte.

martedì 6 ottobre 2020

L'incendio cosmico

 

All’inizio c’è uno stato senza tempo e senza spazio, senza ego e senza coscienza, senza inizio e senza fine – diciamo eterno, ma non immutabile. Tant’è vero che all’improvviso c’è stata un’esplosione che è diventata il mondo che conosciamo, con il tempo, lo spazio, la vita, la coscienza, l’individualità, l’inizio e la fine.

Insomma, dall’eterno è nato il provvisorio e il precario, con i piaceri e le sofferenze, con le nascite e con le morti. Con quale vantaggio?

Ora, di questa esplosione possiamo dire che sia voluta o che sia un incidente casuale, come succede a chi maneggia fuochi artificiali o altri materiali esplosivi.

A questo punto, il nostro dovere o il nostro destino sarebbe quello di spegnere l’incendio, non di continuare a spargere fiamme.

domenica 4 ottobre 2020

Chi domina il tempo?

 

Se v’illudete di dominare gli avvenimenti, scordatevelo. Sono gli avvenimenti che dominano voi. E, a loro volta, essi sono dominati da un divenire impersonale e imperscrutabile, messo in azione dalla coscienza.

La mente produce continuamente pensieri, e non può fermarsi. Proprio come il respiro, non può arrestarsi. Il massimo che potete fare è starvene tranquilli, osservarli e rallentarli, calmando voi stessi o dormendo. Ma non di più.

Naturalmente cercate di ottenere le cose che vi piacciono, ma non potete eliminare quelle che non vi piacciono. In entrambi i casi non dominate nulla. Voi che cosa scegliete? I genitori, la vita, l’ambiente, il Dna, il tempo..? Ciò che credete di scegliere è ciò che è stato scelto per voi. E dunque siete delle pedine di un gioco le cui regole non sono state scelte da voi.

Se per caso date all’autore di questo gioco il nome di Dio, allora siete dominati da lui e voi non contate comunque nulla.

Su che cosa avete un vero controllo? Potete controllare il tempo, le malattie, l’invecchiamento, la morte?

Se capite tutto ciò, potete diventare dei testimoni che osservano tutto, senza aderire a nulla. Gli altri, dominati da un’ignoranza universale, sono poveri giocattoli destinati ad essere resettati.

Tre metafore

 

Noi crediamo di essere degli individui, come dei puntini, circondati da altri individui e da un mondo esterno. E questo è l’errore primario. In realtà siamo il tutto che si è identificato con un puntino e… con la sofferenza che ne deriva..

Questa convinzione dipende dalla coscienza che un giorno sparirà. Prima non c’era e poi sparirà, e con essa tutto il palcoscenico che ha creato: con gli individui, con lo spazio, con il tempo, con la terra e con il cielo.

Dopo questo breve intervallo, rimarrà ciò che siamo sempre stati e che sempre saremo.

La nuvola scorre via e ritorna il sole con la sua potente luce.

Oppure, il film si ferma, tutte le immagini proiettate spariscono di colpo e si riaccende la luce in sala, mostrando la realtà che in effetti non se n’era mai andata.

Oppure, noi ci svegliamo e in un attimo il sogno sparisce e ritorniamo a ciò che già eravamo.

Voi direte: ma sparirà anche la coscienza di essere un io!

Appunto, era un epifenomeno transitorio e non essenziale.

sabato 3 ottobre 2020

Oltre il tempo

 

Se crediamo che il nostro stato di veglia corrisponda al nostro massimo livello di consapevolezza, ci sbagliamo: siamo anche noi in preda all’illusione. Certo non è il confuso stato di sonno con sogni, ma non è neppure uno stato di grande chiarezza. Ci troviamo comunque in un altro tipo di sogno.

Ciò che crediamo essere la realtà è solo un grande teatro, una rappresentazione, una proiezione immaginaria. Quindi, all’interno di questo sogno, anche la nostra lucidità è limitata.

Del resto, non possiamo essere troppo a lungo e troppo intensamente consapevoli, svegli, vigili. Ben presto ci stanchiamo e il nostro cervello deve riposare o attraverso diversivi o attraverso il sonno. Il nostro stesso senso di essere è limitato.

Crediamo di essere completamente presenti alla nostra esperienza di essere. Ma anche questa è un’illusione. La nostra identità non è all’interno del film proiettato dalla mente – quello è un personaggio che è destinato a dissolversi insieme alla coscienza.

Noi siamo lo spettatore, il testimone di questo gioco cosmico - al di fuori.

venerdì 2 ottobre 2020

Il paradosso di Dio

 

Se Dio è onnipotente e capace di creare tutto, può creare qualcosa su cui non ha potere?

Se rispondete di sì, vuol dire che non ha potere su una cosa e quindi non è onnipotente.

Se rispondete di no, vuol dire che non può tutto e dunque non è onnipotente.

Potrebbe sì ritirarsi volontariamente da una cosa. Ma allora in quella cosa non ci sarebbe.

Che sia successo così nel nostro mondo? Sarebbe la morte volontaria di Dio, la scomparsa di Dio.

In questo caso, potreste dire che Dio non esiste per sua libera scelta.

Attimi di realizzazione

 

Ciò che dice: “Il tutto è nulla”, “il tutto è illusione”, “il tutto è apparenza” o “il tutto è temporaneo” non può essere a sua volta un nulla o un’illusione.

Ecco perché la vera meditazione e la vera realtà consistono nel proprio essere consapevoli del proprio essere coscienti. In quel momento, per un attimo, salta fuori la realtà, senza la divisione soggetto-oggetto. È un attimo, perché di più non riusciamo a sostenerla.

Il processo di mitizzazione

 

Gli esseri umani non sono in grado di guardare direttamente in faccia la realtà. No, devono mitizzarla. Il processo di mitizzazione consiste nel separare il bene dal male e nell’abbellire il tutto. Così succede per personaggi come Gesù, per il quale si è convinti che abbia predicato soltanto cose buone. Ma da Gesù, o per lo meno dal “Gesù dei Vangeli”, vengono fuori anche aspetti negativi, come l’autoritarismo, le ambizioni personali e l’antigiudaismo.

Se questo succede per personaggi storici o semi-storici, figuriamoci per Dio, che diventa semplicemente il mito del bene disgiunto dal male. Come se i due poli potessero essere separati. Eppure è evidente che anche da Dio viene il male.

Yin e yang vanno sempre insieme e nessuno dei due può essere separato dall’altro. Guardare in faccia la realtà significa contemplare contemporaneamente i due aspetti contrari.

 

giovedì 1 ottobre 2020

Religioni autoritarie

 

Al cimitero Flaminio di Roma spuntano croci di bambini mai nati con sopra il nome delle madri che non hanno mai dato il loro consenso a questa macabra sepoltura. Chi sono i responsabili? Ovviamente gruppi di cattolici oltranzisti che, in barba a ogni legge sulla privacy, vogliono colpevolizzare le donne che hanno abortito e condizionare quelle che vorrebbero farlo.

Un simile comportamento è tipico delle religioni assolutiste e autoritarie, per le quali esiste solo la loro verità e tutte le altre hanno torto e devono adeguarsi. Per loro, le opinioni e le fedi altrui non hanno alcun valore. Disprezzano chi non la pensa come loro. Non c’è nessuna libertà di scelta, non c’è rispetto per chi la pensa diversamente.

Si capisce perché queste religioni siano sempre alleate con tutti i regimi autoritari di questo mondo che vogliono imporre regole uguali per tutti e non ammettono la possibilità di dissenso.

Chi dice che si tratta di gruppi di fanatici e che Gesù era santo e buono e non sarebbe stato d’accordo con questo comportamento offensivo e aggressivo, si rilegga la parabola del convito nel Vangelo di Luca in cui (14, 23) un padrone vuole invitare alla sua cena un po’ di persone, ma nessuno accetta. Non sappiamo perché la gente non amasse quel padrone, ma da quel segue abbiamo un sospetto.

Infatti, arrabbiato, il padrone dice al suo servo: “Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare (compelle intrare, in latino), perché la mia casa si riempia”.

Chi crede che nei Vangeli ci siano solo valori positivi di amore e compassione, se li rilegga bene. Ne esce una cultura autoritaria di vecchio stampo che non riconosce dissensi e vuole costringere tutti a ubbidire.