Se tutti siamo alla ricerca della felicità, se si moltiplicano i libri, gli articoli, gli studi e i convegni su questo argomento, vuol dire tutti sentiamo il morso dell’infelicità. Questa è una constatazione esperienziale e logica.
Ora, è inutile andare alla ricerca dei motivi dell’infelicità, dell’insoddisfazione o della sensazione di mancanza. È evidente che dal momento che nasce il senso di essere, nasce un mondo ambivalente e altalenante - ciò che noi chiamiamo dualismo. Nasce la coppia felicità-infelicità, come migliaia di altre altre coppie contrapposte: piacere-dolore, bene-male, vita-morte, ecc.
Questa è la struttura dell’essere e noi non possiamo cambiarla. Non possiamo sceglierci quello che ci piace ed evitare quello che non ci piace. Possiamo tutt’al più contenere i danni, ma anche questo entro certi limiti. Non possiamo certo fermare l’invecchiamento, le malattie, i fallimenti, i lutti, le perdite, gli errori, i tradimenti e la morte.
Tutto va e viene. Quando sentiamo l’esperienza dell’infelicità, cerchiamo l’esperienza della felicità. Ma poi questa non dura a lungo e ci accorgiamo che spesso non dipende dalla nostra buona volontà né dai nostri sforzi.
Le situazioni mutano, che lo vogliamo o no, e noi non possiamo fermare il tempo quando le cose ci vanno bene. Prima o poi cambieranno e noi ci troveremo di nuovo a desiderare la felicità perduta.
Se davvero vogliamo uscire da questa situazione dialettica di incertezza, dobbiamo cercare una soluzione radicale: dobbiamo uscire dalle coppie di opposti e familiarizzarci con il testimone di tutto questo, che osserva senza farsi coinvolgere. Chi osserva questo scenario, sa che si tratta di un gioco inconsistente e ripetitivo.
Ma colui che testimonia è imperturbabile, è al di là, e non ha bisogno di cercare nessuna felicità.
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